Buone notizie. PizzAut raddoppia e inaugura il ristorante a Monza con Mattarella
Nico Acampora insieme ai suoi “ragazzi”, camerieri e pizzaioli, nel nuovo ristorante di Monza di PizzAut assieme al presidente Mattarella
Tra l’idea “folle” che gli è venuta nel mezzo di una notte insonne, nel 2016, e il momento in cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si siederà a tavola per mangiare la pizza fatta dai suoi ragazzi, nel nuovo PizzAut di Monza, c’è l’avventura straordinaria per cui Nico Acampora non smette di ringraziare suo figlio Leo, 14 anni. «Quando era piccolo facevamo fatica a uscire con gli amici, preferivamo invitarli a casa, nel posto in cui lui si sentiva più sereno». Quelle sere la moglie di Nico faceva la pizza e Leo, non importa l’autismo, si metteva a impastare. «Se lo fa lui, mi ripetevo guardandolo, possono farlo anche gli altri come lui» racconta Nico.
PizzAut, la prima pizzeria in Italia gestita da personale autistico, è nata così?
Sì. Svegliai di notte mia moglie, esausta: lei è infermiera in Rianimazione. Le dissi che avevo avuto questa visione, un posto dove i ragazzi autistici potessero lavorare, una pizzeria. Mi disse: «Nico, adesso dormi». Un’ora dopo ero alla scrivania, con il logo disegnato. Da allora sono successe tante cose: è nata un’associazione, abbiamo cominciato con la formazione dei ragazzi, abbiamo trovato i fondi per realizzare il nostro progetto e uno spazio a Cassina de’ Pecchi, appena fuori Milano, dove è nato il primo PizzAut. Domani si parte col secondo.
Sembra che sia stato facile...
È stata la cosa più difficile e faticosa della mia vita. Ho raccontato spesso del primo colloquio che ebbi in banca, volevo chiedere un finanziamento: mi risposero che ero pazzo, che nessuno avrebbe mai garantito per dei ragazzi autistici. Lo stesso mi ha scritto un neuropsichiatra, in una mail che conservo ancora: “Lei è il solito padre frustrato che non si arrende all’autismo di suo figlio e che sogna un progetto irrealizzabile per aiutarlo”. È andata diversamente, PizzAut è diventato realtà e ha dimostrato che le cose possono cambiare. I ragazzi autistici possono lavorare. Ogni giorno ricevo telefonate: Toys, Coop Lombardia, il bar dietro casa. Anche loro li hanno assunti, anche lì l’inclusione ha attecchito insieme a progetti di autonomia. Siamo una goccia nel mare, ma questa goccia sta cambiando le cose nel nostro Paese, anche grazie alla legge sulle startup sociali che fanno dell’inclusione lavorativa di persone con disabi-lità, in particolare con autismo, il caposaldo della propria attività.
Una legge che hai scritto con l’ex senatore Eugenio Comincini, approvata in tempi record. Che cosa prevede?
Agevolazioni e defiscalizzazione per le società che hanno due terzi del personale con handicap. Ciò che vorremmo diventasse prassi diffusa.
Siete diventati così famosi nel frattempo che per mangiare a PizzAut c’è una lista d’attesa di mesi. E tanti politici si sono seduti ai vostri tavoli, a volte anche per interesse elettorale. Ti infastidisce essere “di moda”?
Vanno di moda tante cose sciocche. Se l’inclusione va di moda non può che essere un fatto positivo. Se c’è interesse per la nostra esperienza, di qualsiasi natura sia, per me è un fatto solo positivo.
A Mattarella cosa dirai?
Quanto conta che lui ci sia. E quanto conta che abbia deciso non solo di venire, ma di sedersi a mangiare, di condividere la nostra tavola. Abbiamo deciso di preparare per lui la pizza “Articolo 1”, richiamando la Costituzione: «L’Italia è una Repubblica fondata sul (nostro) lavoro». Anche quello dei ragazzi autistici.
La cosa più brutta che ti è capitata in questi anni?
Quando mia figlia, che non ha problemi, mi ha detto “mi trascuri per stare con i ragazzi autistici”. Le ho risposto che lo faccio per il futuro di Leo, perché lui abbia un lavoro quando sarà grande, e lei mi ha detto che per i ragazzi autistici trascuro anche Leo. Oggi ha 17 anni ed è diventata volontaria di PizzAut: è straordinaria. E poi quando alla fine di un tirocinio devo dire a un ragazzo che non può lavorare a PizzAut: non significa che non può lavorare, ma che non può lavorare qui, che questo lavoro non è adatto per lui. Questo è difficilissimo. Per fortuna ci sono le cose belle.
Dinne qualcuna.
Le lacrime di Matteo, il primo pizzaiolo ad essere stato assunto a tempo indeterminato. Andrea, uno dei miei camerieri, che mi dice “mi impegno Nico perché se il ristorante va bene tu puoi assumere un altro come me”. Lorenzo, assunto il primo maggio scorso, che mi grida d’essere rinato dopo tanto tempo passato in un centro diurno. Leonardo, che prende la metro da solo per venire a Cassina da Gorgonzola: sono due fermate. Simone che non scriveva da anni e porta il suo primo ordine: 2 caffè al numero 63. E poi papa Francesco che infila il nostro grembiule, l’anno scorso, quando siamo stati tutti a Roma per un’udienza privata.
Progetti per il futuro?
Adesso il ristorante a Monza. Siamo però al lavoro perché sia il primo di una catena in franchising che possa offrire lavoro e formazione a tanti altri ragazzi. Coinvolgendo le famiglie, le imprese e le associazioni del territorio.