«Sull’azzardo negli ultimi 7-8 anni ci è scappata di mano la situazione». A fare questa grave ammissione è Pierpaolo Baretta, sottosegretario all’Economia con delega sui 'giochi'. Che parla di «uno stato d’allerta da parte dello Stato». Per questo ora il governo è intenzionato a ridurre l’offerta, è d’accordo con lo 'stop' alla pubblicità dell’azzardo e ritiene necessario un accordo tra Stato e enti locali sulla regolamentazione sul territorio. Il tutto all’interno di «una completa riforma del sistema. Il governo è disponibile – annuncia Baretta – il dibattito in Parlamento è maturo e non più procrastinabile». Impegni importanti che il sottosegretario ha illustrato a Montecitorio in occasione dell’incontro di presentazione del libro 'C’è gioco e gioco' di Giampiero Moncada, organizzato dall’onorevole Paola Binetti, deputato di Ap e relatrice della proposta di legge di riforma, ferma da un anno in commissione. C’è ora davvero, come afferma Baretta, un clima favorevole per una veloce approvazione? Gli interventi successivi dei rappresentanti delle imprese non fanno ben sperare, tutti concentrati a difendersi da quella che hanno definito «la delegittimazione di un lavoro». Mentre dal mondo associativo c’è un’apertura al dialogo. «Quelli del governo sono segnali positivi». Baretta spiega che le «motivazioni iniziali erano buone, come la lotta all’illegalità, ma poi si è creato un eccesso di offerta, è venuto meno il punto di equilibrio». Per questo ora, sostiene, «c’è bisogno di una ridefinizione» e il governo è intenzionato a farlo subito dopo la Legge di stabilità. Ma il sottosegretario pone una domanda: «C’è interesse a regolare la materia?». In primo luogo si rivolge agli imprenditori. «Avete capito che così non può durare? Bisogna ridurre l’offerta in bar e tabacchi e regolare il 'traffico' nella sale gioco». E annuncia il taglio di 100mila slot. Ma a essere tirati in ballo sono anche gli operatori sociali. «Volete abolire il gioco o regolarlo combattendo illegalità e ludopatia?», chiede il sottosegretario. E, infine, un messaggio alle amministrazioni locali. «C’è un eccesso di regolazione, legittima, comprensibile ma non sempre efficace ». E per questo, aggiunge, «è necessario mettere d’accordo Stato e amministrazioni locali sulla quantità totale di 'gioco'. Poi la distribuzione sul territorio tocca ai comuni. Ma – avverte – non è un buon modo per regolare mettere tutto nelle periferie ». Infine la pubblicità. «La mia posizione è di toglierla ma poi basta? Per questo il divieto deve essere legato a una riforma generale del sistema». Risposte positive sono arrivate dalle associazioni. «Bisogna trovare dei punti in comune con chi gestisce il mercato – dice Matteo Iori presidente del Conagga – ma a precise condizioni, soprattutto per difendere le fasce deboli». «Siamo di fronte a una dipendenza di massa – denuncia però il sociologo Maurizio Fiasco, della Consulta nazionale antiusura – e a una deroga del principio costituzionale della tutela della salute. Per questo – aggiunge – i comuni devono poter regolamentare». Posizioni diverse dal mondo dell’azzardo. Per il presidente di Acadi, Guglielmo Angelozzi «nessun problema per noi sul 'no' alla pubblicità. E sì anche a un programma chiaro di riduzione dell’offerta, ma con molta attenzione alla legalità». Molto critico, invece, Massimiliano Pucci, vicepresidente di Sistema gioco Italia. «Oggi il sistema è a rischio estinzione e molte nostre aziende potrebbero essere attirate in aree criminali. Certo ci vuole rispetto per i cittadini – denuncia con tono allarmistico – ma anche per i 100mila lavoratori del settore e delle loro famiglie che potrebbero non festeggiare il Natale ». E Stefano Sbordoni, dell’Utis, va anche oltre sostenendo che «il nostro lavoro non può essere messo all’indice come affamatore di un popolo. I problemi erano maggiori prima della legalizzazione». E poi rivendica che 500 milioni delle tasse dell’azzardo «vanno al Coni e quindi contribuiscono allo sport». Pacata ma netta la replica di Paola Binetti. «Fa un certo effetto ascoltare quelle parole sul Natale da un mercato da 85 miliardi, oppure che solo grazie a loro si vincono delle medaglie sportive». Poi una domanda al governo. «Se è disponibile perché non lo ha fatto prima?». Ora, comunque, aggiunge, «dobbiamo darci un sistema di regole condivise, ci batteremo per una buona legge ma sapendo che serve un grande lavoro culturale. Noi ci stiamo al dialogo, ma voi – conclude rivolgendosi alle imprese – evitate di essere una rete per catturare i pesci».