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L'OPPOSIZIONE. «Il governo si dimetta prima della verifica» Bersani “morde”. Ma è caos nelle opposizioni

Roberta D’Angelo martedì 7 giugno 2011
Si muove con sicurezza Pier Luigi Bersani. È il suo giorno, e non c’è pathos nel voto – che gli conferma l’unanimità – alla relazione con cui spiega alla Direzione del partito la nuova tabella di marcia per diventare «il primo partito». Il segretario del Pd è certo che il governo sia agli sgoccioli e si prepara alla sfida, forte del risultato delle amministrative. Il leader democratico non crede che l’esecutivo di Berlusconi abbia vita lunga. «Non so di che cosa discutano al vertice di Arcore ma se discutono di tecniche di sopravvivenza non faranno molta strada e soprattutto la Lega, se continuerà su questa via, si troverà davanti altre buche».E intanto, senza fretta, detta una tabella di marcia che pare convincere un po’ tutto il vertice del Nazareno, Veltroni compreso. «Oggi (ieri, ndr) abbiamo ragionato su come essere all’altezza delle nuove responsabilità che ci hanno dato gli elettori. Dalle prossime ore dobbiamo lavorare su tre punti: raggiungere il quorum sul referendum, fare un passo avanti su programmi e alleanze e investire sul partito». Per il partito, Bersani non pensa a un congresso, ma, dice, «in autunno faremo un’assemblea sul nostro progetto», per «un patto democratico e sociale». In sostanza, il leader piddì cerca un accordo «a partire dalle forze del centrosinistra per un impegnativo patto di governo e al centrosinistra chiediamo generosità e apertura su un messaggio di ricostruzione del Paese». Il leader del Pd continua a parlare a tutte le opposizioni, ma sa bene che la risposta arriva solo da sinistra. Così mette le mani avanti, ancora una volta: «Non ripercorreremo la strada dell’Unione». Il Pd avvierà «confronti sul merito delle riforme con tutte le forze di opposizione. Il Paese non ha bisogno di generiche carovane ma di una rotta decisa». Parole decise, che solo qualche ora prima il leader del Pd aveva rivolto al segretario di Sel, di cui, aveva detto, avrebbe testato «l’affidabilità» al momento opportuno. Dura la reazione di Nichi Vendola, che bolla come «un po’ pelosa» la frase di Bersani. «C’è stato un fraintendimento» assicura il leader Pd, «non sono un maestrino che detta i compiti». Anche se, insiste, i programmi su cui si baseranno le alleanze saranno «esigibili». Incidente chiuso, con tanto di «ringraziamento» di Vendola a Bersani.Ma non crede a quegli stessi programmi il terzo polo, infastidito dai commenti velenosi di un D’Alema che pare risentito dai tanti no collezionati da Casini. «La nostra proposta – dice il presidente del Copasir – risponde alla domanda del Paese, mentre le furbizie del terzo polo non hanno concorso al suo successo elettorale». Le parole di D’Alema, replica in una nota l’Udc, «le abbiamo sentite per anni da Berlusconi», e si sono già rivelate «un errore fatale».