Manovra. Contrasto all'azzardo, governo ai ripari: niente obblighi per i calciobalilla
Non ci sarà, promette il governo, un obbligo generalizzato di iscrizione nell’Elenco degli operatori del gioco (il cosiddetto RIES) anche per i possessori di apparecchi di puro intrattenimento, come i calciobalilla o simili. «Abbiamo concordato alcuni emendamenti per correggere il testo originario della norma – annuncia il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta –. Chiariremo che il criterio di esclusione dall’obbligo riguarda i giochi, qualunque essi siano, che non danno luogo a vincite in denaro di qualsiasi entità».
Un chiarimento necessario, quello del governo e della maggioranza, per correggere un eccesso di zelo nel contrasto al gioco d’azzardo che finirebbe, in un’eterogenesi dei fini, per colpire anche le attività puramente ludico-sociali. Nel decreto fiscale di accompagnamento alla manovra (dl 2220), infatti, all’articolo 27 è previsto – «al fine di contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei giochi e la diffusione del gioco illegale, nonché di perseguire un razionale assetto sul territorio dell’offerta di gioco pubblico» – di istituire da gennaio, presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, il Registro unico degli operatori del gioco pubblico. A questo registro dovrebbero iscriversi, oltre ai gestori di sale gioco, bingo e simili, tutti i possessori-detentori di apparecchi di gioco senza distinzione alcuna. Stabiliti anche un versamento di minimo 200 euro per l’iscrizione, la produzione di una serie di documenti, tra cui la certificazione antimafia, e sanzioni assai elevate per chi non ottemperasse alle prescrizioni.
Formulata così la norma, l’iscrizione e i relativi obblighi coinvolgerebbero – ma sarebbe meglio dire "sconvolgerebbero" – anche tutti gli oratori nei quali la presenza dei calciobalilla è seconda solo a quella dei crocifissi e i tanti circoli sociali sparsi per il Paese all’interno dei quali si offrono agli avventori occasioni di socializzazione e svago, assai diverse e lontane da quelle proposte dai luoghi dell’azzardo e dei giochi a vincita di denaro.
Il nodo è proprio questo: chiamare indistintamente tutto "gioco" – l’azzardo come le attività puramente ludiche – porta a fare confusione, sbagliare le strategie di intervento e rischiare il "tilt". Ora tocca a maggioranza e governo emendare il testo, per non sbagliare e perdere. E magari cominciare a distinguere, nelle istruzioni, le diverse denominazioni dei pezzi.