«Non ho fatto ricerche specifiche ma a memoria posso dire di non ricordare un episodio così anomalo e clamoroso». Piero Alberto Capotosti, presidente emerito della Consulta, fa il punto sulle minacciate dimissioni dei parlamentari del Pdl.
Ma a livello parlamentare cosa accadrebbe se la minaccia fosse attuata?Bisogna osservare che le norme che regolano le dimissioni volontarie dei parlamentari sono state studiate per casi singoli. Secondo i regolamenti e la prassi vigente viene richiesto al parlamentare di motivare le sue dimissioni in aula. E in genere - se non ci sono fatti rilevanti di natura privata - l’assemblea le respinge alla prima votazione come atto di cortesia. Così che il parlamentare deve reiterare la richiesta di dimissioni e l’aula deliberarla.
E in base alla vigente legge elettorale che succede?Subentrerebbero ai dimissionari i primi dei non eletti secondo l’ordine di lista del Porcellum.
Siamo sempre nella fantapolitica: e se tutti quelli della lista rinunciassero?Intanto le Camere dovrebbero proclamare l’elezione dei subentranti, i quali dovrebbero sottoporsi alla procedura delle dimissioni.
Alla fine di tutto resterebbero dei banchi vuoti nelle Camere: ma il Parlamento potrebbe continuare a funzionare?Da un punto di vista formale sì, perché nel caso specifico si tratterebbe di dimissioni di un gruppo di minoranza, sia pure molto rilevante, ma non in grado di far venire meno il numero legale. Il problema sarebbe politico: il governo, per esempio, dovrebbe trarre le conseguenze dal venir meno di un pezzo di maggioranza.
E veniamo alla portata politica di questa protesta estrema.Credo che sarebbe un gesto dirompente. Non siamo in presenza delle dimissioni di una pattuglia di parlamentari, ma della seconda forza parlamentare. Trovo incomprensibili le motivazioni che si adducono: ci dimettiamo per solidarietà, affetto e amicizia con Berlusconi estromesso dal Senato. Così si dà la peggiore interpretazione possibile del "Porcellum": i parlamentari non sono legittimati dal voto popolare ma direttamente dal leader del partito. Mi sembra una concezione feudale della politica.
Brunetta corregge il tiro: le dimissioni sono contro l’applicazione retroattiva della legge Severino...Sono uno di quelli che ritiene che la giunta delle elezioni del Senato e l’aula chiamate a deliberare sulla decadenza siano legittimate a porre la questione di costituzionalità o ad adire alle corti europee. Però c’è un fatto: la giunta e l’aula deliberano a maggioranza. E se la maggioranza non è d’accordo, c’è poco da fare, non si può reagire con la minaccia delle dimissioni di massa che, amplificata mediaticamente, mira a operare una forzatura su Parlamento, governo e persino sul capo dello Stato, al quale spetta in via esclusiva il potere di scioglimento delle Camere. Scioglimento che le dimissioni di massa vorrebbero provocare. Vorrei aggiungere che trovo particolarmente inopportuno arrivare a forme di protesta del genere proprio quando il premier Letta si trova in America intento a spiegare agli imprenditori americani l’affidabilità del nostro Paese.
C’è chi dice che questa escalation sia provocata dalle voci che filtrano da alcune procure ansiose di mettere le manette a Berlusconi...Ho letto anche io queste notizie. Non sono un penalista, ma ricordo che per gli arresti preventivi servono tre condizioni: il pericolo di fuga, il rischio di reiterare il reato (e queste, nel caso specifico, non ci sono) e il pericolo di inquinamento delle prove. Credo che i magistrati sapranno valutare con equilibrio e competenza.
Ma la magistratura, sostiene il Pdl, è politicizzata e pregiudizialmente ostile a Berlusconi.Su 9.000 magistrati mele marce ce ne possono essere. Ma sono una piccola minoranza, come dice anche il Pdl. Possibile, facendo un ragionamento statistico, che capitino sempre a Berlusconi?