Attualità

Migranti. Stop alle partenze, “return hubs”: ora in Europa si fa strada la mano pesante

Giovanni Maria Del Re, Bruxelles venerdì 18 ottobre 2024

Il vertice con Von der Leyen, Meloni e altri 10 Paesi dell’Unione interessati al “modello italiano” sui migranti

Una discussione intensa e anche emozionale. Così fonti europee descrivevano il dibattito che ieri nel tardo pomeriggio ha tenuto impegnati i 27 leader fino a serata inoltrata. Una discussione proficua, che ha consentito anche di varare un succinto testo di conclusioni, in cui tra le varie cose si chiede di rafforzare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito. Mentre nella discussione emerge un punto chiaro: riscuote consensi sempre più ampi la linea della durezza con un focus sui return hubs, e cioè luoghi in cui inviare migranti la cui domanda d’asilo sia stata respinta in un Paese Ue (un modello un po’ diverso da quello Italia-Albania). Un concetto cui allude un passaggio delle conclusioni in cui si parla di «nuovi modi»per contrastare la migrazione irregolare. Di return hubs ha parlato già la presidente della Commissione Ursula von der Leyen nella lettera ai leader della vigilia, e ieri ne hanno discusso vari premier. Ad esempio, l’Olanda ha annunciato di star negoziando con l’Uganda per inviare lì migranti irregolari africani la cui domanda sia stata respinta nei Paesi Bassi. La Danimarca sta attuando con il Kosovo una cosa simile, in particolare per migranti rei di azioni criminali. Anche da Parigi arrivano segnali in tal senso, almeno da parte di una portavoce del governo Barnier. «C'è la volontà che la Francia possa firmare accordi simili a quello fra Italia e Albania», ha dichiarato. Peccato però che ieri invece a Bruxelles fonti dell’Eliseo, dunque vicine al presidente Emmanuel Macron, hanno frenato. Molti altri leader hanno comunque espresso appoggio ai return hubs, dalla Bulgaria alla Lituania, alla Grecia. «Ormai - sintetizzava ieri il premier olandese Dick Schoof, molto vicino al leader dell’estrema destra populista vincitore alle ultime elezioni, Geert Wilders – c’è un’atmosfera differente in Europa». Tra le voci scettiche invece quella del cancelliere tedesco Olaf Scholz e del premier belga uscente Alexander De Croo.

A proposito di maniere forti, la discussione dei leader sulla migrazione è stata aperta dal premier polacco Donald Tusk, dopo le polemiche per il suo annuncio della “sospensione” delle domande d’asilo per i migranti irregolari provenienti dalla Bielorussia. La Polonia accusa Minsk di spingere verso l’Ue migranti irregolari, arrivati via Mosca, per destabilizzare l’Unione. Tusk ha precisato che si tratta di una misura temporanea di 90 giorni per migranti «violenti» al confine, che potranno chiedere asilo «a Mosca o a Minsk, non nell’Ue». La cosa che colpisce è che il leader polacco è stato in questo ampiamente sostenuto da vari leader. Ad esempio, la premier (socialdemocratica) danese Mette Frederiksen ha definito «ragionevole» l’azione di Tusk. E anche l’omologo svedese Ulf Kristersson ha parlato di «grande rispetto per la Polonia». Consenso generale, infine, sulla necessità di accelerare l’attuazione del Patto sulla migrazione, con la solita eccezione del leader ungherese Viktor Orbán e qualche dubbio di Tusk. Certo è che il messaggio per la nuova Commissione Europea è chiarissimo: la durezza, delineata già nella lettera di Von der Leyen (si parla anche di misure come politiche commerciali e di visto per costringere i Paesi di origine a cooperare) sarà la bussola del nuovo esecutivo.