Borgo Mezzanone. Il ghetto dei braccianti diventa una scuola (per una settimana)
Un migrante a Borgo Mezzanone
Da oggi fino al 5 agosto l’enorme e indegno ghetto di Borgo Mezzanone, nel Foggiano, diventa luogo di formazione e servizio per venti giovani provenienti da tutta l’Italia. È il campo “Noi…tra, fra i migranti” promosso dall’arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, nel cui territorio si trova l’insediamento di baracche e catapecchie più grande d’Italia, che arriva ad ospitare anche più di 4mila persone. «In questi giorni diventerà una sorta di scuola dove conoscere il mondo dell’immigrazione e fare qualcosa con i nostri fratelli immigrati», ci spiega l’arcivescovo Franco Moscone. «È un’iniziativa cominciata molti anni fa dagli Scalabriniani e la diocesi è poi entrata convintamente nel progetto. Borgo Mezzanone può essere non solo luogo di emarginazione e disperazione ma anche di formazione, crescita e servizio. Serve un’informazione corretta ma serve anche fare cose concrete». La conferma dell’attenzione della diocesi. «Non è un episodio – assicura l’arcivescovo –. Prossimamente, in autunno, partiranno dei progetti concreti assieme ai Camilliani che guidano la parrocchia di Borgo Mezzanone».
Che si aggiungono al prezioso e costante intervento nel ghetto della Caritas diocesana. Come ci spiega don Stefano Mazzone, direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale dei migranti e gli itineranti, il campo avrà due momenti. «La mattina i partecipanti seguiranno un percorso di formazione con esperti sui vari aspetti dell’immigrazione, da quello normativo a quello amministrativo, e poi temi come intercultura, enti e associazioni del territorio, sfruttamento lavorativo e sessuale, procedure legali. Il pomeriggio sarà dedicato al servizio con due attività». Un corso di italiano per gli immigrati, perché l’istruzione è uno strumento indispensabile per l’autonomia e per l’integrazione dei migranti ma sarà anche uno spazio essenziale di scambio e d’incontro tra i migranti e i volontari; e un corso “tecnico” per spiegare come si ripara e fa manutenzione alle biciclette, una vera e propria “ciclofficina”. Molto utile per chi vive nel ghetto. Infatti gran parte degli immigrati della “ex pista”, il nome del ghetto, un tempo aeroporto militare della Nato, si spostano in bicicletta, soprattutto per andare al lavoro nei campi e risparmiare i soldi che chiedono i caporali per il trasporto.
Anche i partecipanti al campo non useranno auto. «Si sposteranno a piedi per condividere la condizione dei migranti – spiega ancora don Stefano – e per lo stesso motivo dormiranno in tenda e si cucineranno da soli. Non avrebbe senso stare in una casa vera e poi andare tra chi vive nelle baracche». Una scelta apprezzata. Infatti ci sono persone che hanno partecipato più volte. Quest’anno vengono da Toscana, Piemonte, Calabria, Lazio, oltre che dal Foggiano, e hanno tra i 18 e i 30 anni. «Gli immigrati sono parte attiva del campo, parliamo con loro, li ascoltiamo – dice ancora don Stefano –. I partecipanti sono molto colpiti dalle loro storie, soprattutto da quelle di chi è a Borgo Mezzanone da anni». Un’esperienza che è, dunque, anche crescita personale. Così alla sera, dopo una giornata tra le baracche, racconta don Stefano, «si confrontano, fanno una verifica sulle difficoltà, i problemi ma anche sui risultati positivi». Di una “vacanza” diversa, sicuramente piena e utile.