Il contratto. Tasse, Iva, lavoro, migranti: ecco le sfide che attendono il governo
Il nuovo governo dovrà cercare di ridurre lo scarto tra gli ambiziosi programmi e le scarse risorse disponibili. Ecco i 7 punti più sensibili.
1- EUROPA Dai conti pubblici alla "nuova Ue" ogni strada passa da Bruxelles
La chiave di volta dell’azione del nuovo governo sta nei rapporti con l’Europa. Le disponibilità finanziarie sui cui potrà contare l’esecutivo per attuare i suoi costosissimi programmi dipende dagli spazi di manovra che Bruxelles sarà disposta a concedere o Roma a prendersi senza permesso. Sulla carta infatti, Padoan docet, il sentiero è stretto. Il confronto sulle finanze si intreccerà inoltre alle trattative su altri fronti decisivi: la nuova programmazione del bilancio Ue dopo Brexit e la riforma delle istituzioni comunitarie chiesta da Macron. Nel contratto di governo, M5s e Lega puntano a «rivedere l’impianto della governance economica europea (politica monetaria, Patto di stabilità, Fiscal compact, etc.) attualmente asimmetrico e basato sul predominio del mercato rispetto alla dimensione economico-sociale».
2 - MANOVRA Lo scoglio degli aumenti Iva e la tentazione del neo-ministro Tria
Il primo scoglio da superare sarà quello degli aumenti Iva lasciati in eredità dai governi uscenti e pronti a scattare dal gennaio 2019. Il programma dichiara «l’intenzione di sterilizzare le clausole di salvaguardia che comportano l’aumento delle aliquote Iva e delle accise, in quanto sarebbe un colpo intollerabile per famiglie e imprese». Per farlo servono 12,5 miliardi. La manovra di bilancio sul prossimo anno parte così con una pesante ipoteca, che può compromettere il varo di altre misure considerate prioritarie. Non a caso l’economista Giovanni Tria suggeriva poche settimane fa di lasciar aumentare l’Iva per finanziare la flat tax. Ora che è diventato ministro dell’Economia dovrà provare a sciogliere la contraddizione.
3 - FISCO La costosa bandiera della flat tax forse issata un po’ alla volta
Bandiera della Lega, annacquata nel confronto con il M5s, la flat tax non è più piatta come direbbe il nome. Ma costa comunque moltissimo – si stimano 50 miliardi l’anno – ed è molto meno progressiva (cioè sfavorisce i redditi bassi) rispetto a oggi. Si prevedono due aliquote fisse al 15% (fino a 80mila euro) e 20% per persone fisiche, imprese e famiglie. Per queste ultime conta il reddito cumulato dei coniugi. L’obiettivo è più consumi, più investimenti e il recupero dell’evasione. Accanto alla riforma il programma punta a instaurare una "pace fiscale" con i contribuenti. Una sorta di maxi-sanatoria i cui proventi, incerti e una tantum, difficilmente potrebbero fare da copertura agli sgravi. Anche sulla flat tax il ministro Tria si è espresso: le aliquote iniziali dovrebbero essere compatibili con la perdita di gettito. Come dire: un passo alla volta.
4 - POVERTA' Di Maio si misura con il "reddito". Si parte dai Centri per l’impiego
L’approdo di Luigi di Maio al ministero del Welfare (accorpato allo Sviluppo) è la riprova che il reddito di cittadinanza sarà una priorità. Il programma lo definisce un «misura attiva per il rienserimento dei cittadini in stato di bisogno nella vita sociale e lavorativa». Come è noto si prevede un contributo mensile di 780 euro per un single, somma che sale in base ai carichi familiari. L’erogazione del sostegno «presuppone un impegno attivo del beneficiario che dovrà aderire alle offerte di lavoro provenienti dai Centri dell’impiego con decadenza dal beneficio» al terzo rifiuto di svolgere l’attività richiesta. L’operazione implica il rafforzamento dei Centri a cui saranno destinati 2 miliardi di euro. Un passaggio che potrà rallentare l’iter di erogazione del reddito il cui costo, a regime, è calcolato in almeno 15 miliardi.
5 - FAMIGLIA Welfare, asili nido e fisco amico I buoni propositi in cerca d’autore
Il contratto vuole «rifinanziare gli Enti Locali dando priorità al welfare familiare, come asili nido in forma gratuita a favore delle famiglie italiane, politiche per le donne, gli anziani e la terza età, il sostegno alle periferie». Occorre, si afferma, «introdurre politiche efficaci per conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro, anche attraverso servizi e sostegni reddituali». Inoltre, servono «l’innalzamento dell’indennità di maternità e sgravi contributivi per le imprese». E ancora: rimborsi per asili nido e baby sitter, fiscalità di vantaggio come “Iva a zero” per prodotti neonatali. Al di là di qualche incongruenza (solo "famiglie italiane"?), molti buoni propositi. Con il solito problema dell’organizzazione dei servizi e della copertura dei costi.
6 - IMMIGRATI «La situazione così è insostenibile». Nel mirino i fondi per l’accoglienza
La questione migratoria attuale è «insostenibile per l’Italia, visti i costi da sopportare e il business connesso, alimentato da fondi pubblici spesso gestiti con poca trasparenza e permeabili alle infiltrazioni della criminalità organizzata». Il contratto M5s-Lega annuncia una netta sterzata sulle politiche di accoglienza, puntando sulla «riduzione della pressione dei flussi sulle frontiere esterne e del conseguente traffico di esseri umani». Va garantito «un pieno rispetto del ricollocamento obbligatorio dei richiedenti asilo tra i Paesi Ue». Ci vogliono «procedure certe e veloci per la verifica del diritto allo status di rifugiato o la sua revoca». E per i richiedenti asilo responsabili di certi reati va previsto l’«immediato allontanamento dal territorio nazionale». Faro acceso sui «consistenti fondi» stanziati per l’accoglienza.
7 - LAVORO Il salario minimo fissato per legge e ritornano i discussi voucher
Già previsto ma poi non attuato dal governo Renzi arriva anche in Italia il salario minimo fissato per legge. Così almeno prevede l’accordo di programma: riguarderà «tutte le categorie di lavoratori e settori produttivi in cui la retribuzione minima non sia fissata dalla contrattazione collettiva». Altra novità annunciata è il ritorno dei voucher da poco aboliti dopo infinite polemiche: «La cancellazione totale ha creato non pochi disagi» alle imprese, si afferma, e occorre «introdurre un apposito strumento, chiaro e semplice, che non si presti ad abusi, attivabile per via telematica per la gestione del lavoro accessorio». Infine, «particolare attenzione sarà rivolta al contrasto della precarietà per costruire rapporti di lavoro più stabili». Il Jobs act è citato in negativo. Ma non si parla più di ripristino dell’articolo 18.