Il Consiglio Europeo. Zelensky: più armi o guerra lunga
Grazie per le munizioni e i caccia Mig, ma occorre accelerare sul resto, perché ogni ritardo provoca più morti e allunga la guerra. Collegato in video dal treno, con il quale sta visitando le città al fronte per incoraggiare le truppe, il presidente di Kiev Volodymyr Zelensky lancia un messaggio chiaro ai 27 leader che lo ascoltano nella grande sala dell’Europa Building a Bruxelles, nella prima giornata del Consiglio Europeo. «È devastante – dice Zelensky – vedere il livello di distruzione, ma il popolo ucraino sta resistendo eroicamente». I leader, come previsto, hanno dato l’avallo finale all’accordo già raggiunto dai ministri degli Esteri e della Difesa, lunedì scorso, per la fornitura di un milione di munizioni da 155mm e anche missili se richiesti. E proprio ieri i primi quattro jet Mig-29 donati dalla Slovacchia sono partiti alla volta dell’Ucraina.
Zelensky rigrazia per le munizioni e i jet, ma, avverte, adesso ci servono «aerei moderni e missili di lunga gittata». Soprattutto, il leader ucraino cita non uno ma ben cinque ritardi che lo preoccupano. E cioè, spiega, «nella consegna dei missili a lungo raggio, degli aerei moderni, nell’adozione di un nuovo pacchetto di sanzioni, nel piano di pace formulato da Kiev e nel percorso di adesione all’Ue». Ritardi, ammonisce, che portano a ritardi nello sforzo di respingere la Russia e così a un prolungamento della guerra. Zelensky ha espresso l’intenzione di convocare un vertice sul piano di pace da lui proposto. Se non Kiev, difficile viste le condizioni di sicurezza, in una capitale europea.
«Il Consiglio Europeo – si legge nel testo delle conclusioni del vertice – si compiace per l’accordo al Consiglio (dei ministri Ue, ndr) di fornire con urgenza munizioni terra-terra e di artiglieria all’Ucraina, e, se richiesto, missili», e questo «mobilitando adeguato finanziamento dal Fondo europeo per la pace con l’obiettivo di fornire un milione di munizioni d’artiglieria in uno sforzo comune entro i prossimi dodici mesi». Come noto, sono tre i filoni previsti per l’invio di munizioni: il primo l’utilizzo di quanto è nelle scorte nei magazzini degli Stati membri (per un miliardo di euro dall’Epf); il secondo è con appalti congiunti (o dell’Agenzia europea di difesa, o di un Paese guida, la Germania in primis, cui si associano altri), per un altro miliardo sempre dell’Epf.
Si parla poi del sostegno all’industria militare europea per accelerare la produzione. Serviranno altri fondi, ma qui si profilano però divisioni: ieri non si è trovata l’unanimità sulla proposta slovacca di un ulteriore rifinanziamento dell’Epf per altri 3,5 miliardi. Solo 20 Stati membri erano d’accordo, a opporsi anzitutto Francia, Grecia e Ungheria. L’Epf (creato in realtà per sostegno alla sicurezza di Paesi anzitutto in Africa) ha già erogato 3,6 miliardi di euro per l’invio di armi in Ucraina ed è stato appena rifinanziato con altri due miliardi.
L’altro aspetto caldo sul fronte ucraino è la questione dei crimini di guerra. L’Ue, si legge nelle conclusioni, «si compiace per l’accordo per creare il Centro internazionale per il perseguimento dei crimini di guerra». L’Ungheria ha invece bloccato un’espressione di approvazione per l’emissione del mandato d’arresto per Vladimir Putin da parte della Corte penale internazionale. «Non lo arresteremmo se fosse sul nostro territorio», ha tagliato corto Gergely Gulyás, capo di gabinetto del premier Viktor Orbán. Alla fine è passato solo che il Consiglio «prende nota».
Ieri il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha partecipato all’inizio del Consiglio Europeo. Lo ha fatto con messaggi decisamente cupi. «Ci troviamo in un momento cruciale – avverte Guterres - in molti Paesi c’è una tempesta perfetta e stiamo tornando indietro perché vediamo più povertà, più fame, meno istruzione e il nostro sistema internazionale finanziario non è adatto a sostenere la sfida».