Traguardo. Sì alla legge bipartisan: i senza dimora avranno il medico di famiglia
Un senza dimora a Torino
La prima legge proposta dall’opposizione e approvata con un finanziamento porta la firma del dem Marco Furfaro e, almeno in parte, contribuirà alla piena applicazione di uno dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione: il diritto alla salute. Si tratta di un provvedimento che assicurerà l’assistenza sanitaria anche alle persone senza dimora che, non avendo più una residenza anagrafica, non hanno più accesso alle cure di base.
«La norma (passata alla Camera con voto unanime ndr) nasce grazie all’attività di prossimità svolta da diverse associazioni di volontariato territoriale, in particolare Avvocato di strada, ma anche Caritas, Sant’Egidio e molte altre – spiega Furfaro ad Avvenire –. Lavorando a contatto con le fragilità di decine migliaia di persone si sono scontrate con questa realtà». Con la perdita della residenza anagrafica si è costretti a rinunciare non solo al medico di base, ma anche all’accesso ai consultori, alle vaccinazioni, ai centri di salute mentale e ai Sert. Ad eccezione delle cure al pronto soccorso, viene meno qualunque tipo di assistenza.
La platea che beneficerà della legge non è quantificabile ma è potenzialmente amplissima. «Le persone che non hanno più la residenza anagrafica non sono soltanto i senza dimora che dormono in stazione o sotto i ponti (che spesso ottengono assistenza grazie a residenze fittizie ndr). Ci sono molti altri casi: il padre di famiglia che divorzia e va a vivere in macchina; la donna vittima di violenza che scappa dal marito e va ad abitare da un’amica; il pensionato che non riesce più a pagare l’affitto e viene accolto dai parenti senza poter prendere la residenza per vari motivi previsti dalla legge o dovuti alla burocrazia. Nuove fragilità che vedono venir meno un loro diritto fondamentale».
In 5 regioni (Emilia Romagna, Puglia, Abruzzo, Liguria e Marche), esiste già una legge simile, mentre il Piemonte ha istituito la figura del “tutor socio-sanitario” con il compito di accompagnare le persone senza dimora nella presa in carico socio-sanitaria. «A questo punto – continua il deputato del Pd – onde evitare ulteriore frammentazione è necessario che intervenga una legge nazionale che garantisca a tutte le persone prive della residenza anagrafica in Italia o all’estero che soggiornano regolarmente nel territorio nazionale il diritto all’assistenza di prossimità su tutto il territorio nazionale».
Proprio per la difficoltà di quantificare la platea (stimata in ogni caso tra i 50mila e i 60mila individui), la norma partirà con una sperimentazione e due milioni a disposizione per i prossimi due anni. Risorse che verranno assorbite per il 50%-60% dalle 14 città metropolitane. Dopo di che verrà estesa.
La pdl originaria prevedeva l’assegnazione a tutti i senza dimora di un medico di famiglia con un costo stimato attorno ai 4 milioni di euro. Ma senza un computo definito dei beneficiari la maggioranza non ha voluto procedere. Da qui la necessità della fase sperimentale. Va detto però che attualmente i senza dimora devono ricorrere necessariamente ai servizi di emergenza, con costi comunque significativi per ogni intervento. Un singolo accesso al pronto soccorso costa mediamente 250 euro, con punte di 400 euro e con un minimo di 150 euro, a fronte di una spesa per il medico di base nettamente inferiore (pari a circa 70 euro annui per ogni utente). In media, le persone senza dimora arrivano ad accedere al pronto soccorso anche 10 volte all’anno, con una spesa annua che può essere stimato tra i 2.500 e i 4.000 euro circa a persona. È evidente, quindi, il beneficio per la collettività, anche in termini di sovraffolamento delle nostre strutture di urgenza.