Il caso. In Spagna è la sinistra a essere in prima linea contro l'utero in affitto
La ministra spagnola Irene Montero
Il ricorso dell’attrice e conduttrice spagnola Ana Obregon a un utero in affitto negli Stati Uniti, per avere a 68 anni una neonata, e colmare il vuoto lasciato dal figlio morto a 27 anni, ha riacceso anche in Spagna il dibattito bioetico e politico sulla maternità surrogata.
La ministra per l’Uguaglianza, Irene Montero, di Unidas Podemos, ha ricordato che la maternità conto terzi è vietata in Spagna e i contratti chiusi all’estero «sono illegali». E che si tratta di «una forma di violenza contro le donne», tanto più se in situazione precaria e a rischio di povertà. Sulla stessa linea la collega socialista alle Finanze, Maria Jesus Montero o quella all’Istruzione, Pilar Alegria, la portavoce del Psoe che ha bollato come «un’immagine dantesca» quella della Obregon ritratta dal rotocalco Hola con la neonata all’uscita del Memorial hospital di Miami.
Ma a surriscaldare il confronto parlamentare è stato il conservatore Partido Popular, che si è aperto a un dibattito «serio e approfondito» per regolare la maternità surrogata, sempre e quando «non ci sia di mezzo nessuna controprestazione economica», ossia in forma altruistica e gratuita. E ieri, il leader Alberto Nuñez-Fejióo, da Lisbona ha insistito sulla necessità di «ordinare la questione». «In Spagna la gravidanza per altri è illegale – ha rilevato – ma ci sono spagnoli che si recano in altri Paesi, si portano i neonati e li iscrivono all’anagrafe come figli diretti o adottivi. È evidente che è un problema da dibattere», ha aggiunto, anche se «non adesso». Mentre il partito di estrema destra Vox ha insistito sulle necessità di misure che impediscano la legalizzazione “de facto” dei bambini nati da utero in affitto all’estero.
La legge per la riproduzione assistita varata nel 2006 dell’allora governo Zapatero vietava la gravidanza per altri. Tuttavia, 4 anni dopo, lo stesso esecutivo aprì la porta all’iscrizione al registro anagrafico dei figli nati con questa pratica all’estero, a condizione di presentare «una sentenza giudiziaria emessa da un tribunale competente», che stabilisca il rapporto filiale. In altre parole, con un procedimento di adozione speciale da parte del genitore non biologico. In Spagna l’età per l’adozione è, però, di massimo 45 anni. La recente riforma dell’aborto si riferisce esplicitamente all’utero in affitto come a una forma di violenza sulle donne. Tuttavia, durante l’iter parlamentare, è rimasta fuori la possibile persecuzione delle coppie che si recano all’estero per ottenere questo “servizio”, proposta dal ministero per l’Uguaglianza. Mentre è stato incluso il divieto di pubblicità delle agenzie che offrono la maternità surrogata, con sanzioni per i media che la ospitano.
Dei partiti, solo il liberale Ciudadanos ha sempre difeso la legalizzazione della maternità per terzi, altruista e gratuita, tanto da presentare una proposta di legge ad hoc nel 2017, che ottenne solo i consensi dei partiti nazionalisti baschi e catalani, senza arrivare a essere discussa in aula. Ora, dopo aver accusato il Pp di voltafaccia, la ripresenterà perché sia presa in considerazione dalla Camera. Sul fronte opposto, il portavoce parlamentare del Psoe, Patxi Lopez, ha evidenziato la necessità di «rafforzare la nostra legislazione per impedire di andare all’estero a comprare donne». Ma, alla domanda se questo significhi vietare la registrazione dei neonati nati da utero in affitto, ha replicato che «si dovrà analizzare la migliore formula». Anche se il gruppo del Psoe non lavora a nessuna iniziativa concreta.