Ucraina. Il caso delle liste dei putiniani, Gabrielli: la fuga di notizie sarà punita
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per la Sicurezza, Franco Gabrielli, in videocollegamento durante la conferenza stampa per la vicenda delle liste dei putiniani italiani
«Non esiste un Grande Fratello, una Spectre in Italia. Nessuno, tanto meno il governo, vuole investigare sulle opinioni delle persone...». È pomeriggio quando il sottosegretario con delega alla Sicurezza Franco Gabrielli prova a mettere la parola fine al nugolo di polemiche che da giorni agita i media italiani circa presunti "dossieraggi" di opinionisti ed esponenti politici da parte degli 007 italiani. Una bufera di illazioni e congetture che ha fatto irritare Gabrielli, che in giornata si è sentito col premier Mario Draghi, decidendo infine di controbattere mediaticamente e annunciando accertamenti per individuare chi ha diffuso il documento.
Il bollettino «riservato». A innescare il caso, domenica scorsa, era stato un servizio del Corriere della Sera sui «putiniani d’Italia». Nell’articolo, rifacendosi a materiale d’intelligence, si descriveva una rete di soggetti filorussi – menzionando fra gli altri il senatore ex 5s Vito Petrocelli e il sociologo Alessandro Orsini – animata dall’intento di condizionare l’opinione pubblica italiana. Un servizio, argomenta Gabrielli, «ispirato» da un bollettino del Dis pubblicato venerdì scorso e poi consegnato lunedì al Copasir: un documento intitolato «Hybrid bullettin», classificato come «riservato» (la più tenue delle categorie, seguita da «riservatissimo», «segreto» e «segretissimo»). Un documento periodico, il quarto pubblicato nel 2022: «È una ricognizione di fonti aperte», puntualizza Gabrielli, che riassume «l’attività di un tavolo coordinato dal Dis al quale partecipano vari ministeri e il Dipartimento per l’editoria». Niente a che vedere, dunque, con «schedature o dossieraggio».
L’irritazione del sottosegretario è andata montando giorno dopo giorno. Finché ieri mattina, è arrivata la sua richiesta al Dis di declassificare il documento e consentirne la «lettura integrale», convocando inoltre l’inusuale conferenza stampa dello stesso Gabrielli (in videcollegamento perché positivo al Covid), per porre fine al «perdurare di una campagna diffamatoria circa una presunta attività di dossieraggio da parte della comunità di intelligence, in realtà inesistente».
Sei nomi, «non attenzionati». Dopo una premessa sulla «narrativa» in corso sulle piattaforme mediatiche rispetto al conflitto russo-ucraino, il Bollettino cita diversi canali che , con un’adesione che oscilla da 50mila a 10mila utenze, diffondono «disinformazione». Alcuni gruppi, si legge, si caratterizzano per «profili di contiguità coi movimenti anti sistema no vax/no greenpass».
I nomi di italiani citati («ma non attenzionati») nel documento sono sei: l’economista e pubblicista Alberto Fazolo; il freelance Giorgio Bianchi; l’eurodeputata Francesca Donato, Rosangela Mattei, nipote di Enrico; la blogger Francesca Totolo; Rolando Dubini, attivo su Facebook. Solo i primi due vengono menzionati nel servizio del Corriere, che tuttavia potrebbe aver attinto anche da altre fonti. Il bollettino segnala anche alcuni siti, annoverandoli fra le «numerose fonti della disinformazione», come «maurizioblondet.it e il noto L’antidiplomatico». Rispetto alle persone menzionate, afferma il sottosegretario, «non c’è nessun tipo di investigazione sui nomi apparsi sul giornale o sul bollettino, né su giornalisti o politici» come lo stesso Petrocelli, rispetto al quale Gabrielli precisa: «Un conto è riportare dichiarazioni, un altro è svolgere approfondimenti investigativi». E sulla vicenda interviene pure il presidente del Copasir, Adolfo Urso: «Il Copasir non ha raccolto né chiesto di raccogliere informazioni su cittadini, sarebbe un reato. Abbiamo rispettato scrupolosamente la legge».
«Fatto grave». Del bollettino era a conoscenza lo staff del presidente del Consiglio. E la sua divulgazione, assicura Gabrielli, «è una cosa gravissima, ma nulla rimarrà impunito. Daremo adeguate risposte. Lo dobbiamo al Paese e alla credibilità di un comparto dove ci sono persone di cui volentieri faremmo a meno, ma tantissime che fanno il loro dovere». Oltre a cercare d’individuare chi ha diffuso il bollettino, è possibile che l’intelligence decida di non pubblicarlo ulteriormente: «Il prezzo» sul piano mediatico, valuta il sottosegretario, è stato «alto» e «si impone una riflessione sulla sua utilità».