Fiesole. Vietato augurare «Buon Natale!». Bufera sull’Istituto universitario
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Guai a dire «Buon Natale!» all’Istituto universitario europeo di Fiesole. D’ora in poi ci si potrà, semmai, augurare «Buona Festa d’Inverno». Così, almeno, sembra, leggendo una corrispondenza interna al prestigioso Istituto fiorentino - che, tra l’altro, ha sede in un antico convento - che l’agenzia Sir ha potuto visionare. Secondo questo dispaccio, il presidente dell’Eui, Renaud Dehousse, avrebbe comunicato che, per non infrangere le regole sull’uguaglianza etnica, anche le feste religiose, pur inserite nel calendario accademico, dovranno essere comunicate con un linguaggio «inclusivo». Lo stesso presidente ha quindi lanciato una sorta di “concorso” per rinominare la festività, concedendo, bontà sua, che «gli aspetti tradizionali e folcloristici possono rimanere parte dell’evento». Insomma, una festa senza il Festeggiato, ma con tutto il contorno di Babbi Natale e regali assortiti.
«All’interno dell’Istituto universitario non mancano le perplessità – scrive l’agenzia Sir – e c’è chi ritiene che Natale sia un nome legato alla cultura dell’Italia, alle comuni radici, ovvero una festa che va “oltre la religione”». Ma che non può certo prescindere dal fatto che, osserva sempre il Sir, «il Natale, quello autentico, lo celebra chi crede che un Dio sia nato per tutti». Più inclusivo di così.
In ogni caso, al momento la decisione sul nuovo nome da dare al Natale «non è ancora stata presa» ed è «oggetto di valutazione», fanno sapere fonti dell’Istituto Universitario Europeo. Secondo cui l’ipotesi è stata formulata in base alla policy dell’Istituto stesso in tema di diversità e inclusività. «Le diverse osservanze religiose e culturali che sono rappresentate all’Iue – si legge, nel Piano per l’uguaglianza etnica e razziale 2023-2026 dell’Istituto – saranno riconosciute nel calendario degli eventi e delle attività correlate. Si presterà attenzione a garantire che la celebrazione di festività e ricorrenze sia comunicata con un linguaggio inclusivo, riconoscendo le diverse religioni e credenze».
Come prevedibile, la notizia ha sollevato un polverone. «Cambiare nome al Natale somiglia, davvero troppo, al titolo di un romanzo grottesco», affermano in una nota il deputato di Fdi Alessandro Amorese e il senatore Paolo Marcheschi. «Confidiamo che una scelta simile venga ripensata – dichiarano – proprio in virtù dell’inclusività stessa perché, così ipotizzata, somiglia molto ad altre che portano a togliere i crocifissi dalle aule scolastiche, in un clima di cancel culture che, diffondendosi, tenta di azzerare i valori occidentali». Per il capogruppo di Fdi in consiglio regionale della Toscana, Francesco Torselli, «duemila anni di radici cristiane, non si cancellano con una circolare», mentre secondo i consiglieri leghisti Elena Meini e Giovanni Galli alla base di questa ipotesi c’è «un voler cancellare le nostre tradizioni per una presunta voglia di non calpestare le altre culture».
Secondo il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Marco Stella, «questa non è laicità ma laicismo. Una sana laicità prevede pluralismo e dialogo, non la cancellazione della storia e dell’identità. Fa un po’ sorridere, oltretutto, vedere che questa idea arriva da un istituto universitario che ha sede in uno storico convento cattolico», ricorda il consigliere forzista. E Gabriele Toccafondi, di Italia Viva, lancia la provocazione: «A Fiesole di questo passo dovrebbero oscurare tutte le finestre, perché a guardare vedrebbero campanili, chiese, cupole, croci che coerentemente per i censori della storia e della presenza attuale, dovrebbero essere nascoste per rispettare le diverse osservanze». «Ogni tanto – ricorda l’ex-sottosegretario all’Istruzione – qualcuno chiede di abolire il Natale, i segni cristiani, il crocifisso, perché, si motiva, così si rispettano le varie osservanze religiose e culturali. Non è così. Non è eliminando la nostra storia, cultura, la nostra fede, ciò che ci distingue, che si crea rispetto. Non è togliendo o nascondendo che si crea dialogo ma dicendo chi siamo e ascoltando – sottolinea Toccafondi –. Se a fare la proposta è un istituto universitario, come quello europeo di Fiesole, la cosa dispiace ancora di più», conclude il politico fiorentino.