Attualità

Il bilancio. Accuse e polemiche. Il caso aborto ha agitato il primo giorno di G7

Eugenio Fatigante, inviato a Bari giovedì 13 giugno 2024

La premier Meloni insieme agli altri leader al G7

Il successo organizzativo del vertice dei Sette Grandi a Borgo Egnazia è pressoché totale per Giorgia Meloni, che vi si è dedicata anima e corpo sin da lunedì, dopo il voto europeo. Per la premier l’unico inciampo viene dagli strascichi della polemica, affiorata già mercoledì, sul mancato riferimento esplicito alla parola «aborto» nelle conclusioni del vertice. Una polemica che provoca un intervento persino della Casa Bianca e che subito rimbalza a Roma dove finisce alimentata, come sempre, dal dibattito politico, con i leader che in questi giorni sono pronti più che mai ad azzuffarsi. Con Elly Schlein, segretaria del Pd, che arriva a parlare di «vergogna nazionale» e chiede alla presidente del Consiglio di «scusarsi con il Paese».

Eppure è uno “scivolone” che si può leggere anche come un altro successo per la premier che viene da Fratelli d’Italia, già forte del fatto di essersi presentata a questo summit come la leader politicamente più stabile (e quindi forte) fra i sette, alla luce delle elezioni di domenica scorsa. Perché, anche se Palazzo Chigi nega un diretto ruolo attivo nel “giallo” della bozza e della presunta “manina” intervenuta, in fondo il testo finale (che sarà pubblicato solo stasera) non può dispiacere su questo punto alla presidenza del Consiglio, anche se finisce con l’oscurare gli altri temi discussi in queste prime 24 ore. Il caso anima l’intera giornata vissuta dalla stampa nei padiglioni rimessi a nuovo della Fiera del Levante, fra stand gastronomici e un tappetino verde simil-prato. A dare la stura è l’intervento, quasi a fine mattina, di Jack Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale: «Biden non cede sui diritti, ne parlerà con la premier Meloni», fa sapere, perentorio, ai giornalisti. Difficile ricostruire il caso, fra le bozze che girano di mano in mano fra gli “sherpa” dei vari governi che materialmente scrivono le conclusioni.

Ci si mette, da Milano, anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che se ne esce così: «Non so se a un G7 a cui partecipa anche il Papa fosse opportuno citarlo (l’aborto, ndr), se hanno scelto di non metterlo ci sarà una ragione più che condivisibile». Mentre il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, minimizzava parlando di discussione ancora aperta. Nel pomeriggio fonti italiane precisano poi che «nel testo non si è tolto nulla, tanto è vero che c’è un esplicito riferimento agli impegni assunti a Hiroshima», la città giapponese che ospitò il G7 2023. E aggiungono che si tratta di «panna montata senza sostanza», di una «strumentalizzazione elettorale». Per poi concludere che «la scorrettezza noi l’abbiamo subita, però non la facciamo ad altri» (pare che dietro ci sia un riferimento alla Francia macroniana e al Canada di Trudeau, sempre sensibili su questi temi, che avrebbero violato la regola di non svelare i negoziati tra gli estensori dei testi). Proprio Macron ammette che il tema è stato dibattuto tra le delegazioni: «La Francia ha integrato nella sua Costituzione il diritto delle donne all’aborto. Queste non sono le stesse sensibilità che esistono oggi nel vostro Paese. Me ne rammarico».

La questione è terminologica e si presta facilmente a divenire terreno di propaganda. Il fatto è che il documento giapponese citava «un accesso effettivo e sicuro all’aborto». Lo stratagemma trovato, dopo l’intervento degli Usa, è riferirsi ai «diritti riproduttivi» delle donne, termine che nel gergo tecnico comprende anche l’aborto che però, appunto, nel testo non viene più citato, a differenza di un anno fa. Tanto basta per scatenare le opposizioni. Alzano la voce le senatrici del Pd in blocco. La capogruppo dem alla Camera, Chiara Braga, lo definisce un «atto ancora più grave in un G7 guidato da una donna». Interviene anche Laura Boldrini, per cui «il G7 di Meloni passerà alla storia come l’ennesimo attacco al diritto all’aborto». Le parlamentari di Avs parlano di «doppiezza» e chiedono alla premier di chiarire. Per Iv è Ivan Scalfarotto a definirla una «ennesima figuraccia». Fino all’accusa più forte di Elly Schlein. Rigettata da Eugenia Roccella, ministra della Famiglia: «In questi vertici il punto di caduta è sempre unanime, non vedo il problema». Tenta di chiudere la polemica un’altra ministra, Daniela Santanchè (Turismo): «Che donna la Schlein... Difende solo i diritti delle donne che non si chiamano Meloni».