Già banchettano gli avvoltoi del paesaggio. Nel 2011 sono andati in fumo 60mila ettari di bosco. Nel 2012 il bilancio si preannuncia peggiore. E con quello che costa rimettere a verde i parchi anneriti dalla fuliggine, i soliti comitati d’affare stanno già facendo i conti.Nel libro mastro del rimboschimento ci sono i fondi per la messa in sicurezza dei terreni a rischio, quelli per l’assunzione degli stagionali, e poi le speranze degli avidi palazzinari che trafficano per speculare sull’edificabilità dei terreni una volta agricoli.Solo ieri si sono contati un centinaio di roghi, tanto che la flotta aerea antincendio ha potuto rispondere "solo" a 44 chiamate. Una guerra ad alta temperatura a cui la criminalità non si è mai sottratta. Le infiltrazioni non sono una novità. Già nel 2001 gli 007 del Sisde avevano parlato di presenza delle mafie nella ricostruzione e nella speculazione edilizia delle aree colpite dalle fiamme. Una conferma indiretta arriva dall’incidenza degli incendi nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. In Campania, Calabria, Puglia e Sicilia si registrano in media il 54% dei focolai appiccati in tutta Italia.Sulla Sila è sempre la stessa storia. Luigi Stasi, sindaco di Longobucco, poco più di tremila anime in provincia di Cosenza, dopo l’ennesimo devastante rogo ha alzato la voce contro quella che ha definito
mafia dei boschi. «Se sia legata alla criminalità organizzata non saprei – ha voluto precisare –, questo lo devono stabilire gli inquirenti». Una cautela che però non gli fa nascondere che quello dei piromani «è un sistema consolidato da anni».In Sicilia si spendono 400 milioni di euro all’anno per il rimboschimento, quasi duemila euro per ogni ettaro. In tutta l’isola lavorano al ripristino delle aree incendiate 27mila mila operai stagionali e 7mila addetti allo spegnimento. Un esercito di braccianti che costituisce un bacino elettorale che pochi nell’isola si sognano di snellire. E pensare che in tutta Italia i forestali stagionali sono meno di 70mila. Nonostante questa pletora di guardaboschi, non si riesce a proteggere dai piromani i 10,5 milioni di ettari di superficie boschiva della Penisola. E pensare che in tutta la Norvegia – che della protezione della natura ne ha fatto un dogma – gli addetti alla tutela dei parchi sono meno di ventimila.I fondi europei per riportare a verde le aree ridotte a distese di cenere sono un altro dei cavalli di battaglia delle
ecomafie. Per stare ai dati degli anni scorsi: la Puglia ha dovuto mettere a bilancio annuale 32 milioni per la cura delle zone boscose nei soli mesi estivi, in Campania si è arrivati a 50 milioni. Da ieri, però, la Toscana ha alzato il tiro contro gli speculatori dal fuoco facile: la Regione porterà da 10 a 20 anni il periodo nel quale è impossibile utilizzare i territori colpiti da fiamme e si costituirà parte civile nei procedimenti contro i piromani. Nella regione, dal primo gennaio al 24 agosto sono stati registrati 741 incendi boschivi (di cui 190 a luglio e 248 ad agosto), per una superficie complessiva di 2550,69 ettari. E se nel quadriennio 2007-2011 la media era di 1,44 ettari per singolo rogo, quest’anno si è già a 2,26 ettari.Il Comandante regionale del Corpo Forestale, Donato Monaco, ha spiegato che se lo scorso anno gli incendiari catturati in tutte le province, dall’Amiata alla Maremma, furono 76 quest’anno siamo già a 95.Se nelle estati delle fiamme facili c’è sempre chi ci guadagna, non va trascurato chi invece subisce danni irreparabili. Secondo Coldiretti sono in balia degli incendiari 300mila ettari di bosco che sono stati abbandonati per effetto della chiusura delle aziende e si trovano ora senza la presenza di un agricoltore che possa svolgere attività di custodia, di valorizzazione, di protezione e di sorveglianza. Sulla base dei dati Istat – precisa Coldiretti – negli ultimi 20 anni si è dimezzata la superficie di proprietà delle aziende agricole.Il peggio deve ancora venire. «Il fattore innescante resta sempre la mano dell’uomo: il 60% dei roghi è infatti di origine dolosa e il restante 40% è colposo», spiegano dal Corpo forestale dello Stato. «Statisticamente il periodo peggiore va da Ferragosto al 10 settembre».