Attualità

L'iniziativa. Il Bello degli Uffizi per la rinascita di Casal di Principe

Antonio Maria Mira sabato 11 aprile 2015
«Per anni ho dovuto nascondere la mia provenienza. Mi vergognavo di dire che ero di Casal di Principe. Dicevo solo che ero casertano. Ma oggi non mi vergogno più». Questo hanno detto tutte le 85 persone che hanno partecipato alla selezione per gli Ambasciatori della Rinascita, i 40 volontari che, come guide civiche, opereranno in occasione della mostra "La luce vince l’ombra", che dal 21 giugno al 21 ottobre porterà alcune opere del museo degli Uffizi nel paese per decenni simbolo del potere camorrista e che oggi sta risorgendo. E proprio questo è lo spirito che ha spinto tanti giovani, e meno giovani, a presentarsi. «Abbiamo superato tutte le aspettative», sottolinea Alessandro de Lisi responsabile del progetto "R_Rinascita" che ha condotto le selezioni assieme all’amministrazione comunale e al Comitato don Peppe Diana. «Fatte salve le verifiche della prefettura – aggiunge – penso che alla fine potremo prendere tutti». Un progetto che cresce. Il direttore degli Uffizi, Antonio Natali, ha invitato i direttori dei principali musei europei per l’inaugurazione. «Ha già risposto quello del Louvre e non escludo che porti alcune opere, mentre il direttore dei musei Vaticani, Antonio Paolucci fa parte del comitato d’onore», spiega ancora de Lisi. Adesioni importanti ma, come sottolinea il sindaco Renato Natale, amico di don Peppe Diana e tra gli artefici della "resistenza" alla camorra, «le selezioni hanno confermato che abbiamo già delle opere d’arte: i nostri ragazzi, i veri casalesi, una straordinarietà che covava sotto la cenere della camorra. È il frutto di un prezioso lavoro di anni». Ragazzi che si sono presentati sapendo bene che i colloqui non preludevano ad assunzioni. «E questo – aggiunge de Lisi – sfata il mito che al Sud il volontariato è l’anticamera di un posto di lavoro». Tante le storie, come quelle di una ragazza che solo tra un mese compirà i 18 anni previsti dal bando. Aveva una riga di curriculum, si vergognava, ma con tanta passione per l’arte. E piangendo ha chiesto «mi aspettate un mese?». L’aspetteranno. Non l’unico momento commovente. Un ragazzo in terapia per un disagio psichico ha spiegato di non poter parlare «perché mi agito. So fare solo il giardiniere, ma quando me lo ricordo». Niente da fare? No. «Quando ti ricordi vieni a fare quello che sai fare». La mostra si svolgerà in una villa confiscata che ha bisogno di molti lavori, giardino compreso. Si è presentato anche un giovane down che presto andrà a lavorare nella cioccolateria in un’altra villa strappata al clan. Ma vuole offrire il suo impegno di volontario e coinvolgere l’Associazione persone down. Proposta accettata. C’è poi chi il lavoro ce l’ha, come un giovane ingegnere aerospaziale, appassionato di heavy metal. «Abbiamo incontrato – commenta de Lisi – ragazzi con un profilo altissimo, che hanno studiato e vogliono spendere queste conoscenze per il proprio paese». Ragazzi che dicono «io non frequento più i bar come alcuni miei coetanei». E il bar qui è anche luogo di "reclutamento" dei clan. Si sono presentate anche alcune mamme (l’80% dei candidati era donna) perché hanno i figli lontano e vogliono aiutarli a migliorare l’immagine del paese. Davvero, come sottolinea Valerio Taglione, presidente del Comitato don Diana, «esprimono la voglia di un nuovo senso di identità: abitare non più le terre di camorra ma le terre di don Peppe. Sogni, speranze, entusiasmi che non devono restare nel cassetto. Sarà importante se riusciremo a raccontare non solo la mostra ma anche il territorio, il buono e il bello che si è realizzato. Nessuno ci viene a salvare, questa è una splendida occasione, il resto tocca a tutti noi». E i ragazzi ci stanno. «La camorra ha determinato un percorso buio, questa iniziativa può essere una luce ma solo se diventa un percorso di riscatto attraverso la fiducia».