Coronavirus. Ragazzi al parco da soli o accompagnati, i dubbi del Dpcm
Il premier Conte con il presidente Anci Decaro e il governatore Emiliani
Mai come in questo caso il Dpcm porta con sé uno strascico di malumori, a partire proprio dai sindaci a cui viene demandata la possibilità di chiusure di strade e piazze, luoghi della movida, per evitare contagi. Anche se nel testo finale non compare più la parola sindaci per le restrizioni anti-movida e il Viminale chiarisce che le decisioni di chiusura verranno prese insieme ai prefetti. (QUI IL TESTO DEL DPCM IN GAZZETTA UFFICIALE)
Ma c’è anche un’altra questione contenuta nel Dpcm appena varato da Conte che rischia di creare non pochi problemi di controllo delle aree verdi. È la norma con cui si stabilisce che l'accesso a parchi, giardini pubblici ed aree gioco è consentito «a bambini e adolescenti di età da 0 a 17 anni, con l'obbligo di accompagnamento di un genitore o da un altro adulto responsabile se necessario».
La questione restrizioni anti-movida
«Col nuovo Dpcm lo Stato non abbandona i Comuni né li investe di responsabilità improprie: i primi cittadini, che sono autorità sanitarie locali, saranno ovviamente supportati in tutto dai Prefetti, negli appositi Comitati provinciali di ordine pubblico», spiega il Sottosegretario all’Interno con delega agli Enti locali, Achille Variati. Ed perciò è proprio con i prefetti e nei comitati provinciali, prosegue, che «si potranno valutare casi particolarmente delicati in cui risultasse necessario, opportuno e possibile chiudere al pubblico strade o piazze».
Ma sin dal mattino erano stati i sindaci a spiegare che per chiudere strade e piazze erano necessarie forze di polizia locale che i Comuni non hanno, lamentando appunto lo “scaricabarile” che il governo faceva appunto nei confronti dei primi cittadini. «Il governo ha voluto scaricare la responsabilità del coprifuoco sui sindaci – le parole del sindaco di Bari e presidente Anci Antonio Decaro - non è possibile che siano i sindaci a chiudere le piazze e le vie della movida. I sindaci non possono controllare, per questo abbiamo preteso che sparisse dal testo del Dpcm la parola sindaco». Per il portavoce dei sindaci, comunque, è stata commessa «una scorrettezza istituzionale, non parteciperemo più a riunioni di regia perché tanto la presenza dei sindaci è inutile. Si incontrano i ministri con i presidenti di regione e decidono in autonomia».
Un’accusa a cui presto risponde il ministro per le Autonomie Francesco Boccia: «Il governo non scarica responsabilità su sindaci. La norma che chiamava espressamente in causa i sindaci è stata smussata ma in ogni città se c’è un luogo da chiudere lo decide il sindaco, i sindaci sanno che lo Stato è al loro fianco 24 ore su 24».
Le reazioni degli enti locali
Il primo ad intervenire chiedendo chiarezza al governo è il primo cittadino di Firenze Dario Nardella che non si tira indietro sulle responsabilità, ma sottolinea che «il problema di questo Dpcm è che la norma che prevede la chiusura di piazze e strade non indica nulla sulle modalità , sui controlli, sulle responsabilità». Va sul pratico il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, perché ricorda che «per chiudere una piazza con cinque vie d’accesso servono almeno 10 agenti. Chi li ha? È inapplicabile».
Tanto è che il governo è corso ai ripari da «un’uscita infelice», fa notate il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. «Il governo ha compreso di aver fatto un errore di metodo e soprattutto di forma perché dal Dpcm è scomparsa la parola sindaci – sottolinea - e il Viminale oggi frettolosamente ha dovuto chiarire che si tratta di decisioni che verranno prese insieme», da sindaco e Prefetto, nel comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. «Evidentemente – conclude -si sta provando a ricucire in queste ore un’infelice uscita del governo».
In campo scendono anche i governatori, con quello della Puglia Michele Emiliano che assicura i sindaci non verranno lasciati soli a prendere decisioni così importanti e il governatore della Lombardia Attilio Fontana, secondo cui il governo affida ai primi cittadini responsabilità impopolari non dando loro mezzi adeguati.
La vigilanza nei parchi
Non meno complicata da controllare, ma anche da gestire praticamente da parte degli adulti della famiglia, è anche la novità con cui si chiede ai genitori di accompagnare al parco i figli fino a 17 anni, per controllare appunto che il diritto alla socialità dei ragazzi non vada a discapito della salute. L'allegato al Dpcm in realtà, precisa la necessità di accompagnamento diretto sia per i bambini minori di 14 anni perché possano far «rispettare le prescrizioni sul distanziamento fisico e sull'utilizzo dei dispositivi di protezione, e vigilare sui bambini che si accompagnano». Nel caso invece di bambini con più di 6 anni, l'accompagnatore deve vigilare «affinché questi rispettino le disposizioni di distanziamento fisico e sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale».