Terrorismo. I servizi: minaccia resta elevata, cresce propaganda neonazi
Un militare dell'operazione "Strade sicure" di guardia alla metropolitana di Roma
La minaccia eversiva del terrorismo jihadista rimane elevata anche dopo la la morte di al-Baghdadi, che pure ha avuto una grossa risonanza a livello internazionale. Inoltre emergono insidiosi rigurgiti neonazisti, favoriti da una strisciante ma pervasiva propaganda virtuale, alla quale i più esposti sono i giovani. Daesh ha mantenuto postura e orizzonti, con la ridefinizione degli assetti organizzativi e di comando, continuando a istigare i suoi adepti. Il Califfato è tornato ad essere un fine. Daesh è particolarmente vitale nei territori di origine e si sta sviluppando in contesti africani ed asiatici. Per quanto riguarda invece gli atti terroristici con matrice di estrema destra, come quelli avvenuti di recente in Germania, «c'è il rischio che anche ristretti circuiti militanti o singoli simpatizzanti italiani possano subire la fascinazione dell'opzione violenta». È quanto spiega il direttore del Dipartimento informazione e sicurezza, Gennaro Vecchione, nella "Relazione sulla politica dell'informazione per la sicurezza" dei servizi segreti illustrata oggi al Parlamento.
«Fronti moltiplicati. Nel mirino economia, 5g e alleanze»
«Si sono moltiplicati i fronti in grado di minacciare i nostri territori e i nostri assetti», dice il capo del Dis. Rischi che, ha sottolineato Vecchione, riguardano in primo luogo il sistema economico, il 5g e il sistema delle alleanze tra Paesi, «che hanno trovato difficoltà ad avere una posizione univoca». Particolare importanza riveste l'arma cibernetica in tutte le sue declinazioni. Strumento privilegiato per manovre ostili, viene utilizzata per indebolire la tenuta dei sistemi democratici occidentali: si tratta - avvertito Vecchione - di sistemi che possono mettere a rischio le stesse esistenze dei Paesi. Il digitale è anche fonte di proselitismo. Per quanto riguarda il nostro Paese, due i problemi, comuni ad altri Paesi europei, sottoiineati: i foreign fighters «Costante impegno informativo è stato riservato al rischio di un ripiegamento in Italia di combattenti in fuga da teatri di jihad (e di loro congiunti) e, più in generale, al possibile ingresso o transito nel nostro Paese di stranieri a vario titolo connessi ad attori terroristici», ha detto il numero uno del Dis sul primo punto. I servizi segnalano inoltre che, «allo stato attuale non sono state rilevate evidenze» circa l'utilizzo strutturale dei canali migratori per l'invio di jihadisti in Europa. Mentre sull'impatto del radicalismo sul sistema carcerario l'analisi del Di rimarca che «aggressioni, disordini e manifestazioni di giubilo in occasione di attentati compiuti in Europa hanno fatto emergere la pericolosità di alcuni stranieri, detenuti per reati comuni e radicalizzatisi dietro le sbarre, per i quali è stato conseguentemente adottato provvedimento di espulsione». Il contrasto al terrorismo internazionale «si è dipanato in tutte le direzioni», con un «apporto permanente delle forze di polizia, con uno scambio di competenze assiduo», a ha assicurato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, intervenendo alla presentazione della relazione.