Quirinale. Chi sono e come sono stati eletti i 12 presidenti della storia repubblicana
"Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale", recita l'articolo 87 della Costituzione, indicando con queste parole un ruolo che travalica i poteri di garanzia e assegna quindi al presidente della Repubblica il compito di interpretare il "sentiment" della popolazione e portarlo nei "Palazzi".
La Carta costituzionale assegna una serie di funzioni al Presidente della Repubblica rispetto agli altri poteri dello Stato. Innanzitutto scioglie le Camere e indice nuove elezioni, o a fine legislatura o quando queste non siano in grado di esprimere una maggioranza di governo. Quando tale maggioranza si palesa, durante le consultazioni, il Presidente della Repubblica dà l'incarico al Presidente del Consiglio a formare il governo, di cui nomina i ministri; quindi ha voce in capitolo nella loro scelta. Può nominare fino a cinque personalità come senatori a vita, incidendo quindi sulla composizione del Parlamento. Inoltre può inviare messaggi alle Camere.
L'inquilino del Quirinale autorizza la presentazione al Parlamento dei decreti del Governo, ed è capitato che facesse "moral suasion" sull'esecutivo per correggerli. È sempre lui che promulga le leggi, che può rinviare alle Camere, con un messaggio, perché siano modificate. Una prerogativa esercitata da vari presidenti che si sono succeduti.
Rilevante è anche il potere di nomina di cinque dei 15 giudici della Corte costituzionale, a cui spetta il vaglio di tutte le leggi. Per quanto riguarda il potere giudiziario, il Capo dello Stato presiede il Consiglio superiore della magistratura (Csm), cioè l'organo di autogoverno dei magistrati, e può concedere la grazia ai condannati. Infine il Presidente della Repubblica "ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa, e dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere".
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Chi sono stati i presidenti della Repubblica:
La partita del Quirinale dall'inizio della storia della Repubblica è stata anche una "lotteria", una battaglia tra partiti e correnti.
Bastò un solo scrutinio per eleggere presidente della Repubblica Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi, mentre ben 23 votazioni servirono per Giovanni Leone, che resta il Presidente eletto con la percentuale più bassa, il 51% delle preferenze. Il recordman di voti è stato invece Sandro Pertini, eletto con 82% di consensi.
In ordine cronologico dalla nascita della Repubblica italiana fino ai giorni nostri:
1. Enrico De Nicola. Capo provvisorio dello Stato, fu eletto il 28 giugno 1946 dall'assemblea Costituente con 396 voti su 501. De Gasperi dovette insistere per vincere la sua perplessità ad accettare la candidatura. Liberale fedele alla monarchia, originario di Torre del Greco, una volta eletto arrivò a Roma sulla sua automobile e rifiutò di insediarsi al Quirinale.
Rinunciò anche allo stipendio da presidente. Fu presidente dal 1º luglio del 1946 al 31 dicembre 1947, la durata più breve nella storia della Repubblica Italiana.
2. Luigi Einaudi. Originario di Carrù (Cuneo), fu eletto l'11 maggio 1948. Economista, accademico e giornalista italiano, era un esponente del partito liberale, ministro del Tesoro e governatore della Banca
d'Italia. Si votò due volte al giorno e al quarto scrutinio prese 518 voti su 871 votanti. Nelle prime votazioni naufragò la candidatura del candidato indicato da De Gasperi, il repubblicano Carlo Sforza, impallinato dalla sinistra Dc. Fu in carica dal 12 maggio 1948 all'11 maggio 1955.
3. Giovanni Gronchi. Democristiano, originario di Pontedera (Pisa), fu eletto il 28 aprile 1955. Anche per lui solo 4 scrutini (prese 658 voti su 833 votanti) e passaggio alla prima votazione a maggioranza assoluta. Gronchi fu imposto dai franchi tiratori della destra Dc che avevano bocciato nei primi scrutini il candidato scelto da Fanfani, Cesare Merzagora. Rimase in carica fino all'11 maggio del 1962.
Fondatore del Partito popolare con don Sturzo, deputato del Regno, aventiniano, durante il fascismo si ritirò a vita privata per poi cofondare la Dc nel 1942. Eletto all'Assemblea costituente e poi deputato, critico verso la politica di De Gasperi, fu anche ministro dell'Industria e divenne Presidente della Camera nel 1948 e fino alla sua elezione a Presidente della Repubblica.
4. Antonio Segni. Accademico e politico, originario di Sassari, cofondatore della Dc nel 1942, costituente, deputato, più volte ministro (della Difesa, dell'Interno e degli Esteri), due volte presidente del Consiglio. Fu eletto al Quirinale il 6 maggio 1962 e rimase in carica fino al 6 dicembre del 1964, quando si dimise volontariamente. Con tre votazioni in un giorno, al nono scrutinio fu eletto con 443 voti su 842 votanti. Candidato ufficiale del segretario della Dc, Aldo Moro fu eletto senza imboscate di franchi tiratori.
5. Giuseppe Saragat. Originario di Torino, politico, presidente dell'Assemblea costituente, ministro, fu il primo socialdemocratico a salire al Quirinale. Socialista vicino a Turati, esule durante il fascismo, partigiano e poi Presidente dell'Assemblea Costituente, organizzò la scissione di palazzo Barberini che diede vita prima al Psli e poi al Psdi in contrasto al Fronte popolare. Entrò nel governo De Gasperi, fu ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio. Fu eletto il 28 dicembre 1964 al Quirinale. Si votò, oltre che alla vigilia, anche il giorno di Natale. Furono necessari 21 scrutini (prese alla fine 646 voti su 927 votanti). Nelle votazioni andate a vuoto non riuscì a imporsi il candidato ufficiale della democrazia cristiana Giovanni Leone, per l'ostilità del gruppo di Fanfani.
6. Giovanni Leone. Politico, ministro, presidente della Camera e presidente del Consiglio. Originario di Napoli, avvocato, si iscrisse alla Dc nel 1944, costituente, deputato e poi senatore a vita, presidente della Camera e poi presidente del Consiglio fino al 1968. Fu eletto il 24 dicembre 1971. Con record di 23 scrutini (prese alla fine 518 voti su 996 votanti), superò il quorum con uno scarto di soli 13 voti. Leone fu scelto dopo che andò a vuoto il tentativo di Amintore Fanfani di farsi eleggere.
7. Sandro Pertini. Originario di San Giovanni (Savona), giornalista, politico, segretario del Psi e presidente della Camera. Socialista, esule e partigiano, dopo la guerra fu eletto all'Assemblea costituente. Segretario del Psi per pochi mesi nel 1945, su deputato e senatore, per poi diventare presidente della Camera per due legislature fino alla sua elezione al Quirinale. Dove fu eletto l'8 luglio 1978. Ci vollero 16 scrutini per eleggerlo
con 832 voti su 995 votanti, record di preferenze ancora imbattuto. Fu il primo socialista a essere eletto al Quirinale: ma il primo a indicarlo non fu il segretario del Psi Craxi, bensì il comunista Berlinguer.
8. Francesco Cossiga. Originario di Sassari come Mario Segni, politico, ministro, presidente del Consiglio, presidente del Senato. Eletto deputato nella Dc nel 1958, divenne presto sottosegretario poi ministro della Pubblica amministrazione, dell'Interno, degli Esteri e poi presidente del Consiglio per un anno e mezzo. Ritiratosi dagli incarichi governativi fu eletto presidente del Senato fino alla elezione al Quirinale.
Dove fu eletto il 24 giugno 1985, il più giovane Capo di Stato della storia repubblicana a 57 anni. Elezione rapidissima: tre ore esatte e un solo scrutino (prese 752 voti su 979 votanti). La sua candidatura fu costruita dal segretario Dc Ciriaco De Mita, che riuscì a convincere tutti i partiti.
9. Oscar Luigi Scalfaro. Originario di Novara, politico, ministro, presidente della Camera. Magistrato, fu eletto all'Assemblea costituente come indipendente nella Dc, poi deputato, senatore, ministro dell'Istruzione e dell'Interno, presidente della Camera per un solo mese fino alla sua elezione a presidente della Repubblica. Fu eletto il 25 maggio 1992. Si dovette aspettare il sedicesimo scrutinio (prese 672 voti su 1002
votanti). L'elezione fu accelerata dalla strage di Capaci: nei giorni precedenti il Parlamento aveva bocciato la candidatura del segretario della Dc Arnaldo Forlani, non votato dagli amici di Andreotti che si vendicarono per la mancata candidatura del loro leader.
10. Carlo Azeglio Ciampi. Economista, originario di Livorno, ministro e presidente del Consiglio, primo Presidente non eletto parlamentare. Per 47 dipendente della banca d'Italia, di cui divenne prima direttore generale e poi governatore. Presidente del Consiglio, tecnico, incaricato da Oscar Luigi Scalfaro nell'infuriare degli scandali di Tangentopoli. Fu poi ministro del Tesoro del governo Prodi e poi di quello D'Alema, fino alla sua elezione al Quirinale. Dove fu eletto il 13 maggio 1999. Record assoluto di velocità: solo 2 ore e 40 minuti e un solo scrutinio Ciampi prese 707 voti su 990 votanti. Sulla sua candidatura accordo trasversale tra Veltroni, Fini e Berlusconi.
11. Giorgio Napolitano. Politico, deputato ed eurodeputato, ministro dell'Interno, presidente della Camera, primo politico con una lunga militanza nel Pci a salire al Quirinale. Originario di Napoli, iscritto al Pci, nel 1953 è eletto deputato, milita nel Partito comunista fino alla sua trasformazione in Pds, di cui diviene dirigente. Eletto presidente della Camera, terminata la legislatura diviene europarlamentare e poi senatore a vita. Fu eletto la prima volta il 10 maggio 2006. Elezione rapida, al quarto scrutinio, prese 543 voti su 990 votanti. Il primo ex comunista a salire al Colle, fu votato dalla maggioranza di centrosinistra, con l'astensione del centrodestra. Lo stesso Napolitano fu rieletto il 20 aprile 2013 al sesto scrutinio con 738 voti su 997 votanti. La sua rielezione avvenne dopo un disastro politico e istituzionale: al primo scrutinio fu "bruciato" Franco Marini che con 521 voti non passò il quorum dei due terzi richiesto. Ancora peggio andò a Romano Prodi che al quarto scrutinio prese solo 395 voti, tradito dagli ormai famosi 101 parlamentari del centrosinistra. Napolitano si dimise il 14 gennaio 2015.
12. Sergio Mattarella. Originario di Palermo, politico, professore universitario e giurista, entra in politica con ruoli importanti dopo l'assassinio del fratello da parte della mafia. Eletto deputato nella Dc, poi nel Ppi e nell'Ulivo, è ministro dell'Istruzione e della Difesa, vicepresidente del Consiglio nel governo D'Alema. Lasciato il Parlamento, viene poi eletto giudice della Corte costituzionale fino alla sua elezione al Quirinale.
Dove fu eletto al quarto scrutinio con 665 voti, poco meno dei due terzi dell'assemblea elettiva, in una votazione che avvenne tra il 29 e il 31 gennaio 2015. La sua candidatura fu avanzata da Matteo Renzi e ottenne subito l'appoggio di Sinistra Ecologia Libertà, Scelta Civica e di vari gruppi minori della maggioranza di governo.