L'analisi. «I politici? Sperano nell'impunità»
Il professor Alberto Vannucci
«La corruzione non è un fenomeno da estirpare, ma da ricondurre alle sue dimensioni fisiologiche. Non perché la si debba accettare ma perché è inevitabile che le occasioni e le tentazioni inducano qualcuno a questo tipo di pratica. Il problema dell’Italia è che spesso, come in questa occasione, la corruzione ha una dimensione patologica per diffusione e capacità di incidere sulla stessa definizione di interessi collettivi». È l’analisi di Alberto Vannucci, professore di Scienza politica all’Università di Pisa e direttore del master Antimafia e anticorruzione, organizzato assieme a Libera. E fa un esempio proprio emerso dall’inchiesta ligure. «Quando si toglie una spiaggia alla collettività e la si dà ai privati permettendo loro di accumulare profitti con una speculazione immobiliare, questa è corruzione patologica, che inquina la stessa definizione di bene comune».
Professore, però in questo caso, ma anche in altri recenti, i politici sembrano accontentarsi di poco, corrotti con poco.
Il baricentro del potere negoziale dei diversi attori coinvolti è chiaramente nelle mani degli attori imprenditoriali. Gli attori pubblici, sia politici che funzionari, sembrano accontentarsi veramente di retribuzioni insignificanti rispetto al valore di quello che offrono in cambio.
Come mai?
Facciamo il paragone con la vicenda che colpì la Liguria nel 1983, coinvolgendo il presidente della Regione, Alberto Teardo. Il dominus di quello schema di corruzione che emerse e portò alla condanna per associazione a delinquere, era chiaramente il politico che dettava legge all’interno di questo circuito di relazioni e di scambio occulto che lo legava agli imprenditori che vincevano gli appalti.
Mentre oggi?
Secondo l’ipotesi della Procura, chi regge i cordoni della borsa ha il potere di condizionare tutta una serie di importanti scelte a livello politico e amministrativo. Con poco più di un’elemosina agli attori po-litici, ottiene tutto ciò che vuole. Sono finanziamenti sotterranei alle fondazioni che hanno sostituito di fatto i partiti e sono uno strumento di intermediazione con scambi di favori coi portatori di interessi privati. È poco più di una mancia che però serve ad ottenere il consenso a politici sempre più isolati, sempre più bisognosi di ottenere comunque canali di comunicazione e di contatto con gli elettori. E lo fanno col supporto dei corruttori e quando è necessario anche quello della mafia come quaranta anni fa.
Quindi politici e funzionari sono necessari ma li si riesce a “comprare” con molto meno. Perché?
Il loro contributo per avere i benefici è sempre necessario. Però quarant’anni fa erano incardinati in una struttura partitica che aveva un controllo ampio dei processi politici e amministrativi e quindi garantiva una protezione politica ad ampio respiro ai propri interlocutori imprenditoriali. Oggi invece rappresentano solo se stessi e infatti si devono fare la propria fondazione di riferimento per avere quei quattro spiccioli per finanziare la campagna elettorale, spesso con liste personali, effimere, che oggi ci sono e domani no. E quindi il peso negoziale che possono mettere sul tavolo della corruzione è molto inferiore.
Invece la mafia è sempre un partner sicuro e affidabile...
È un’organizzazione in grado di garantire continuità, affidabilità, servizi duraturi nel tempo. La corruzione è la strada maestra per le mafie. Soprattutto in chiave elettorale. Favori in cambio della capacità di canalizzare il consenso della comunità.
Ormai quasi non passa giorno che non ci sia un’operazione sulla corruzione. La magistratura la scopre eppure si perpetua. Speranza di impunità?
Speranze di impunità ci sono e sono elevate perché la lentezza dei procedimenti giudiziari spesso fa scattare la prescrizione e ora si sta riformando il sistema in senso molto favorevole per i soggetti coinvolti. Poi si è allentata la presa. I segnali che arrivano in modo univoco dal governo si accompagnano a una crescita in termini qualitativi e quantitativi delle opportunità di corruzione, ce ne sono di più e rendono di più. Quindi chi ha cattive intenzioni trova migliori condizioni. Ed è una corruzione che tende sempre di più a piegare le norme a vantaggio dei corrotti e dei corruttori piuttosto che a violarle.
Gli anticorpi della buona amministrazione del Nord dove sono finiti?
Sono una rappresentazione illusoria e autoassolutoria. Il fenomeno in realtà, come dimostrano le decine di inchieste dei primi mesi dell’anno, ha una distribuzione bilanciata su scala nazionale, ma le vicende che investono il Nord tendono ad avere un maggiore rilievo economico perché ci sono più risorse da acquisire indebitamente attraverso i canali della corruzione. Dove ci sono più risorse ci sono più appetiti. Lo sanno bene le mafie ma anche i portatori di interessi economici forti.