Attualità

IL CONFLITTO. I pm di Palermo: il presidente non è un re

Gianni Santamaria sabato 13 ottobre 2012

​Un’«immunità assoluta» può essere ipotizzata per il capo dello Stato «solo se, contraddicendo i principi dello Stato democratico-costituzionale, gli si riconoscesse una totale irresponsabilità giuridica anche per i reati extrafunzionali». E una tale «irresponsabilità finirebbe per coincidere con la qualifica di "inviolabile" che caratterizza il sovrano nelle monarchie ancorché limitate». È quanto si legge nell’atto di costituzione in giudizio depositato ieri alla cancelleria della Corte Costituzionale dai pm di Palermo, nell’ambito del conflitto tra poteri che li vede opposti al Quirinale per le intercettazioni che coinvolgono il presidente Napolitano.Il Quirinale mantiene il prevedibile aplomb. Ma alle considerazioni difensive dei pm siciliani risponde il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti. «Quando c’è un giudice come la Corte costituzionale investito del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, la cosa migliore è attendere in rispettoso silenzio la sentenza», l’esordio diplomatico. Ma subito l’affondo: «Sono certo che a Palermo hanno una copia della Costituzione, che comprende l’articolo 90 sulle prerogative e sulle irresponsabilità del capo dello Stato».Le intercettazioni delle conversazioni tra il capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino, secondo quanto emerge dall’atto, sono in tutto quattro, del tutto causali e non sono mai state depositate. La causalità, si legge nell’atto, «è dimostrata» dal fatto che le comunicazioni intercettate sull’utenza di Mancino sono ben 9.295.Il deposito della memoria di 32 pagine è stato fatto con una settimana di anticipo rispetto alla scadenza dei termini, fissata per il 19 ottobre. I pm di Palermo sono rappresentati da un collegio difensivo costituito da Alessandro Pace, fino a poco tempo fa presidente dei costituzionalisti italiani, Giovanni Serges e Mario Serio. L’udienza in cui la Consulta esaminerà nel merito la questione è fissata per il 4 dicembre.

Il Quirinale il 16 luglio scorso aveva incaricato l’avvocatura dello Stato di sollevare il conflitto di attribuzioni tra poteri, dopo che in diversi articoli di stampa era stato pubblicato dapprima il contenuto di intercettazioni di telefonate tra Mancino e il consigliere del Quirinale Loris D’Ambrosio (poco dopo stroncato da un infarto). E in seguito era stata rivelata l’esistenza di registrazioni con la voce di Napolitano.