Attualità

L'esodo degli ultimi. Viaggio ai confini “caldi” di Piemonte e Liguria

Andrea Zaghi domenica 13 novembre 2022

Il centro Caritas a Ventimiglia; a destra un operatore della Croce rossa aiuta un giovane somalo a Claviér

Il peggio deve ancora arrivare. Dalle due porte tra Italia e Francia, Ventimiglia e la Valle di Susa, l’indicazione è la stessa: se i controlli di confine diventeranno più stringenti, i passaggi non si fermeranno ma diventeranno più pericolosi. Perché la «gente che non ha nulla da perdere» non si ferma certo di fronte ad un gendarme in più. Lo dicono prima di tutto i volontari che ogni giorno si danno da fare per soccorrere chi non ce la fa. Anche ieri a Ventimiglia sono passati in 100 dal centro di accoglienza della Croce Rossa accanto alla stazione ferroviaria. Maurizio Marmo, presidente di Caritas Ventimiglia, parla chiaro e descrive una situazione destinata ad aggravarsi se non si allenterà la tensione al valico ligure. La Caritas fornisce a tutti viveri, vestiti, assistenza medica e legale, un luogo di sosta.

«Ogni mattina – spiega Marmo -, accogliamo tutti quelli che si presentano per un primo soccorso, abbiamo anche uno spazio calmo per i minori, alla sera, grazie a due appartamenti che ci ha messo a disposizione la diocesi, offriamo alloggio alle famiglie più in difficoltà». Marmo poi precisa: «I respingimenti ci sono sempre stati, adesso sono più serrati. Con le conseguenze che abbiamo già visto altre volte ». E se il pugno duro continuerà? «Ci sarà più spazio per i passeurs. Chi vuole passare rischierà di più. Negli anni abbiamo già visto persone che hanno perso la vita travolte in autostrada, dai treni, folgorate, annegate nel Roja: tutto questo continuerà senza una seria politica di accoglienza».

I luoghi “caldi” dei transiti dei migranti che tentano di passare in Francia. e - .

Poi il presidente di Caritas Ventimiglia sottolinea: «Per capire meglio, basta pensare che qui non c’è una struttura pubblica di accoglienza. Ci sono solo le associazioni come la nostra: non è sufficiente ». Intanto qualche effetto ieri si è già visto: i maggiori controlli al confine hanno provocato code sulle strade e tensione alle stelle. In montagna, invece, inizia a fare freddo ma la situazione appare più tranquilla. « In questi giorni non abbiamo ancora osservato un inasprimento particolare dei controlli.

È chiaro che qui da noi tutto può complicarsi all’improvviso, basta che inizi a far freddo sul serio e che i francesi decidano di essere più severi», precisa Michele Belmondo, segretario del Comitato Croce Rossa Italiana di Susa, che aggiunge: «La Valle di Susa è da sempre un corridoio naturale di passaggio tra Italia e Francia. Tra il 2021 e il 2022 abbiamo registrato circa 1.0001.200 passaggi al mese, è certamente un dato parziale che non tiene conto di tutti quelli che passano senza farsi vedere». Il problema vero è la montagna. Belmondo è appena tornato da Claviere, ultimo comune italiano prima del confine, e racconta: «Abbiamo trovato un ragazzo somalo di 19 anni, sbarcato una decina di giorni fa che si è allontanato da un centro accoglienza nel sud Italia. Ha vagato nei boschi per oltre 24 ore, era stremato e lo abbiamo raccolto per la strada». Poi precisa: «Bisogna essere chiari, noi non entriamo nella questione se sia legittimo o no bloccare le persone oppure tentare di passare il confine, noi vogliamo solo salvare la vita delle persone».

Per questo, la Cri ha organizzato una sorta di unità mobile di soccorso che percorre ogni giorno il triangolo Oulx-Claviere-Bardonecchia. «Cerchiamo chi fa di tutto per nascondersi, diamo soccorso, viveri, vestiario, assistenza. Ci appoggiamo ad un centro di prima accoglienza a Oulx dalla Fondazione Talità con 60 posti, poi usiamo anche un nostro centro a Bussoleno con altri 50». Paolo Narcisi, di Rainbow for Africa, è più netto: «Ci aspettiamo una progressiva militarizzazione della frontiera. Sarà più difficile passare dai posti facili e quindi si cercherà di passare in posti più difficili. E la gente rischierà di più ma continuerà a voler andare avanti». L’Ong di Narcisi lavora in Valle di Susa insieme alle altre associazioni. «Adesso ci sono tante famiglie e tanti bambini, prima c’erano più persone adulte. Comunque nessuna frontiera li potrà bloccare perché la gran parte scappa da qualcosa di molto brutto, la percentuale di migranti economici é bassissima. Il 60-70% arriva da Pakistan, Siria, Afghanistan, meno dal nord Africa».