Raffreddare una situazione «che si è surriscaldata senza motivi reali». Naturalmente «non siamo alla vigilia di una nuova stagione di terrorismo. Non mi sembra ci siano le condizioni ideologiche. Stiamo vivendo, piuttosto, una situazione di tensione, di litigio, di frizione tipica di un condominio, con i media che teatralizzano, enfatizzano». Come in un condominio, però, « se non c’è un’inversione di tendenza, puo accadere che persone psicologicamente deboli individuino in qualcuno l’obiettivo da eliminare ». Franco Ferrarotti, uno dei 'grandi vecchi' della sociologia italiana, si dice «ottimista » e convinto che non si possa tornare agli anni di piombo che lui, professore all’università di Trento negli anni sessanta, ha visto formarsi nelle loro basi teoriche. L’aggressione patita da Silvio Berlusconi è comunque da individuare come un segnale d’allarme, al quale occorre dare una risposta immediata e sicura, che parta dalla politica, dalle istituzioni ma soprattutto dai media.
Allora ha ragione chi lancia appelli alla moderazione e chi dice che gran parte del degrado nella società e nella politica è dovuto ai mass media? Vede, i media non solo comunicano ma enfatizzano. Hanno una tendenza a teatralizzare ogni notizia. A suo tempo ne parlai con McLuhan e anche lui ne aveva in qualche modo riconosciuto la pericolosità. Per come è strutturata, certa informazione è di per se drogata, deforma ed esalta. Si potrebbe dire che i media di oggi non mediano.
Resta il fatto che con tv e internet bisogna fare i conti. Ma bisogna anche riconoscerne gli effetti negativi. Un conto è la logica della lettura e del ragionamento, altra è la logica dell’audiovisivo, perché l’immagine deve essere sintetica e fulminante. La natura stessa del media favorisce l’emotività, non il raziocinio. La fibrillazione costante che ne scaturisce non è tanto un fatto politico, quanto di psicologia sociale. L’operatore del media deve essere consapevole delle conseguenze.
Vuol dire che il gesto contro Berlusconi è frutto di una campagna mediatica? Non esattamente. Dico, per esempio, che i nostri notiziari televisivi sembrano dei bollettini di guerra che accrescono una sensazione di incertezza che non ha basi oggettive. Oggi l’economia italiana, lo dice l’Ocse, si sviluppa più e meglio di quella di altri Paesi europei. Certo si sente ancora la crisi, c’è disoccupazione, ma ci sono anche segnali di speranza.
La politica, però, ci mette del suo. Da questo punto di vista voglio dire che ho apprezzato la solidarietà espressa a Berlusconi da tutte le parti politiche e sociali, così come gli esponenti politici che sono andati a trovarlo in ospedale. Per il resto risulta evidente che il bipolarismo favorisce il personalismo del leader. E la personalizzazione del potere invita allo scambio di insulti personali invece che al confronto sulle idee. E così, grazie all’enfasi dei media, l’avversario si trasforma in un nemico. Io ho fiducia perché ritengo che gli italiani siano stati vaccinati dagli anni di piombo. Ma se il dibattito politico e la cultura dei media non ripercorrono i temi ideali del confronto, se non c’è un’inversione di tendenza, la situazione potrebbe precipitare. E questo lo dico da persona che si colloca a sinistra dello schieramento.
Perché questa precisazione? Semplicemente perché non posso accettare a scatola chiusa tutti gli attacchi personali agli avversari della sinistra, le indiscrezioni da buco della serratura. In questo modo il dibattito politico è destinato a scadere nel sensazionalismo e nel pettegolezzo. Tutto questo può incidere sulle persone psichicamente più deboli, che possono individuare in un leader politico la sintesi del potere che schiaccia e prevarica e quindi un obiettivo, un simbolo da eliminare. Ma, ripeto, non credo si possa parlare di nuova stagione terroristica.
Una politica di questo tipo rischia di non essere più rappresentativa.È un rischio evidente, al di là del risultato elettorale. La rappresentanza politica può non essere più rappresentativa, scadere a semplice rappresentazione, diventare teatro, parlare una lingua lontana dalle esigenze della gente. Allora si crea un vuoto che in qualche modo deve essere riempito, si lascia spazio alla casualità e può succedere di tutto.
È tempo di correre ai ripari? La politica deve privilegiare il confronto sulle idee. I media devono smettere di enfatizzare valori strumentali come bellezza, denaro, potere, notorietà come se fossero valori finali. Un campo in cui la Chiesa può e deve insegnare molto, perché in questo modo si uccide la progettualità, la speranza nel futuro.