Attualità

FESTA DI AVVENIRE. Da Bibione: «I media cattolici umanizzano i fatti»

Vito Salinaro venerdì 19 luglio 2013
Se «testimoniare significa affermare responsabilmente la presenza e l’azione di Qualcuno - Cristo -», allora i media cattolici possono e devono farsi soggetto di quella «coraggiosa pastoralità» finalizzata ad annunciare la «"buona notizia", che è fonte di libertà e di salvezza». Così il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito di Milano, e protagonista della "serata con il testimone" nella Festa di Avvenire in corso a Bibione (frazione del Comune di San Michele al Tagliamento, in provincia di Venezia) fino a domenica 21, ha definito il ruolo degli organi di informazione di ispirazione cristiana nell’ambito del tema "Fede e nuova evangelizzazione", letto anche alla luce della recente enciclica di Papa Francesco "Lumen fidei".Il porporato è intervenuto alla serata di maggiore richiamo della Festa che la locale parrocchia di Santa Maria Assunta, nell’ambito di una vasta proposta religiosa e culturale che spalmata da aprile a settembre, dedica da 7 anni al quotidiano dei cattolici italiani e al settimanale della diocesi di Concordia-Pordenone (nel cui territorio ricade la nota località balneare veneta), Il Popolo. L’appuntamento "Bibione guarda all’Avvenire" coinvolge anche gli altri media Cei, Tv2000 e Radio inBlu. A loro, come a tutti i cristiani, ha spiegato Tettamanzi, spetta il compito di rilanciare quell’«andate!», quel «mandato missionario della fede» pronunciato dal Risorto nel contesto pasquale delle apparizioni agli «Undici». Un «"andare" - ha rilevato il porporato - che avviene in più modi: con la mente e con il cuore, con i piedi, con i più vari strumenti di locuzione, da quelli classici ai nuovi, agli ultimi o ultimissimi nella quasi infinita serie di mezzi e di forme di movimento». Inoltre «il mondo è da intendersi non solo in senso geografico o spaziale, ma anche e specificamente in senso "antropologico", in rapporto alle persone, ai gruppi, ai popoli che lo abitano, all’intera umanità e queste nelle sue più diverse culture ed esperienze di vita».Dai media cattolici, ha osservato il cardinale, può essere «sprigionata un’etica, anzi una vera e propria "spiritualità" della comunicazione», che offra un incentivo e un aiuto originali per un impegno «non solo rispettoso del messaggio evangelico» ma «stimolatore di una ricchezza umana e umanizzante». Per dirla con una frase di Benedetto XVI che Tettamanzi ha voluto richiamare: «La capacità di utilizzare i nuovi linguaggi è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma per permettere alla ricchezza del Vangelo di raggiungere le menti e i cuori di tutti».Un concetto raccolto e rilanciato dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, per il quale chi è chiamato ad assolvere il delicato compito di fare informazione in un contesto cristianamente ispirato, «ha necessità di vivere quella stessa spiritualità di cui si è fatto testimone e comunicatore Odoardo Focherini», primo giornalista beato, «capace di coltivare una vita sacramentale intensissima», pur vivendo «i disagi, le costrizioni e le umiliazioni - fino al martirio - di un tempo difficile come quello della prima metà del secolo scorso. Raccontare le storie degli uomini e delle donne del nostro tempo, privilegiando chi è ai margini, chi è più disprezzato - ha poi detto Tarquinio -, significa percorrere una strada che rende Avvenire singolare e diverso dagli altri». «E la diversità non è certo una rendita di posizione, è piuttosto lo sforzo quotidiano di aiutare chi ci sceglie a leggere i fatti con gli occhi della fede, privilegiando i valori più veri e autentici. Credo che il lavoro giornalistico ben fatto sia esso stesso un’opera di misericordia».All’incontro, impreziosito da due interventi dell’attrice Lucilla Giagnoni, è intervenuto anche don Bruno Cescon, direttore del Popolo e vice presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici).  «La stampa cattolica locale - ha evidenziato - possiede un patrimonio di idee e di contenuti», con il quale «ogni comunità dovrebbe identificarsi». Si tratta di strumenti capaci «di intrecciare la voce della Chiesa con i problemi del territorio». Un patrimonio, appunto: di cui dovrebbe appropriarsi, «sentendolo suo», ogni cattolico.<+copyright>