Cagliari. Migliaia di persone per l'addio a Riva: «Corri e guarda in alto Gigi»
I funerali di Gigi Riva
Un lunghissimo applauso ad accogliere il feretro, davanti alla Basilica di Bonaria. Decine di migliaia persone, accalcate e commosse, per dare l'ultimo saluto a Rombo di Tuono. Tantissimi già in fila da questa mattina, giunti da ogni parte della Sardegna. È così che Cagliari e l'Italia si sono preparate per dare l'ultimo addio al bomber dello scudetto rossoblù e capocannoniere della Nazionale. La salma è arrivata scortata dai familiari e dagli amici di una vita, in testa i due figli, Nicola e Mauro. Sulla bara, con dietro i gonfaloni della Regione Sardegna e della città, sotto un tappeto di rose rosse, sono state apposte due maglie numero 11, una della nazionale azzurra, l'altra del Cagliari Calcio.
«In questi giorni abbiamo celebrato tutto questo in Gigi Riva, ma anche, e forse soprattutto, altro - le parole dell'arcivescovo Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei -. Abbiamo ricordato i meriti dello sportivo e ammirato la grandezza dell’uomo, la sua generosità e riservatezza, quella profondità di amore e dolore, di passione e malinconia, mai gridata, che si lasciava leggere con schiettezza ma mai possedere, che non si poteva né vendere né comprare. Non sorprende, allora, la presenza dei suoi ammiratori e amici e di questo popolo di Cagliari e di Sardegna che è stato per lui una dimora accogliente lungo la vita. Ha trovato in questo popolo una dimora bella, piena di calore e rispetto, di cui ha voluto condividere la bellezza e il cammino, le strade e l’odore del mare. Qui ha piantato la tenda della sua famiglia, ha cresciuto i suoi figli, Mauro e Nicola. Riva si è sentito parte di questo popolo che lo ha accolto come un figlio prediletto e che lo ha amato con devota ammirazione e rispetto pieno di gratitudine. Adesso il cuore di Cagliari è qui, lo saluta e prega per lui il Signore che ama la vita».
Molte le immagini evocate da Baturi, «la maggior parte delle quali fissano l’eleganza della corsa, la bellezza e la potenza del gesto. E poi, dopo la rovesciata di Vicenza o il sinistro di Città del Messico, quella esultanza spontanea, come tutti noi da bambini, a braccia alzate, guardando il cielo e correndo incontro all’abbraccio dei compagni. Corri di nuovo, caro Gigi, e tendi ancora quelle tue lunghe braccia al cielo, corri e guarda in alto. Noi oggi preghiamo perché il Signore ti venga incontro e ti abbracci in quella dimora dove potrai conoscere la Verità e vivere l’Amore senza ombra e senza fine».