Attualità

Il personaggio. Padoan, l'economista che piace all'Europa

venerdì 21 febbraio 2014
Pier Carlo Padoan, 64 anni, capo economista dell'Ocse e da poco nominato, ma mai insediato all'Istat, arriva a via XX Settembre, nelle stanze che furono di Quintino Sella e dove sono passati i dossier più spinosi degli ultimi anni. È suo il profilo scelto da Matteo Renzi, dopo molte trattative andate a vuoto, anche per il respiro internazionale dell'economista. Padoan, un tecnico, non un politico come invece il premier avrebbe voluto, da voci di corridoio, avrebbe resistito all'offerta fino a ieri. Poi avrebbe ceduto avanzando rispetto all'ex rettore della Bocconi Guido Tabellini considerato nel partito 'troppo liberistà. Indicato di recente alla guida dell'Istat, dopo un inciampò in commissioni Affari Costituzionali del Senato, Padoan vanta un curriculum di primordine arricchito a Parigi, come vice segretario generale (dal 2007) e capo economista (due anni dopo) dell'Ocse, fino al Fmi per il quale ha ricoperto (tra il 2001 e il 2005) il ruolo di Direttore esecutivo per l'Italia. Ma prima di sbarcare a Parigi, Padoan è professore di Economia all'Università La Sapienza di Roma e Direttore della fondazione legata a Massimo D'Alema, Italianieuropei, il "think-tank" che si occupa di temi economici e sociali. Sempre in Italia è stato consigliere economico presso la presidenza del Consiglio dei ministri, collaborando con l'allora premier Massimo D'Alema e Giuliano Amato, e responsabile per il coordinamento della posizione italiana nei negoziati con l'Ue e i vertici del G8. Ma ha avuto anche incarichi di consulente alla Banca Mondiale, Commissione Europea e Banca Centrale Europea. Un curriculum quindi costruito per lo più all'estero e che ora tornerà molto utile soprattutto nei confronti della Commissione Ue alla quale Padoan dovrà esporre la nuova fase di politica economica che il premier incardinerà secondo l'impegno assunto: "una riforma al mese". E ancora non è noto se tra le richieste che Padoan dovrà contrattare ci sarà anche quella di un allentamento dei vincoli per liberare risorse da dedicare alla crescita. Anche perchè - sosteneva - "senza la crescita la stabilità non basta". Tra le riforme annunciate ce ne sono due nodali: una, quella del lavoro, il 'job act' che non riguardano direttamente Padoan. Ma l'altra, la riforma fiscale, è proprio materia del suo dicastero. Nel corso della sua carriera di economista Padoan si è più volte espresso sui temi più caldi. Sostenendo, ad esempio, che "le tasse che danneggiano di meno la crescita sono quelle sulla proprietà, come l'Imu, mentre le tasse che, se abbassate, favoriscono di più la ripresa e l'occupazione sono quelle sul lavoro". Un'indicazione importante mentre si continua a parlare di taglio del cuneo fiscale. Taglio che Padoan ha sostenuto a distanza mentre si discuteva del primo intervento nella Legge di Stabilità. Un 'tonò di ottimismo si rintraccia però nelle recenti parole del nuovo ministro: il 2014 portà essere "l'anno della svolta". Ma l'Europa dovrà concentrarsi di più sul lavoro. E pur se è vero che "l'austerity è finita" è pur vero che, come diceva lui stesso, c'è "una sorta di pungolo" al governo italiano, per assicurare un rapido declino del debito pubblico. E proprio questo è uno dei dossier aperti: le privatizzazioni avviate da Letta (si dovrebbe partire con Poste). Tra i primi impegni anche seguire Carlo Cottarelli che ha già pronta la sua ricetta per il taglio alla spesa pubblica; verificare l'ultimo allarme della Corte dei Conti (13,7 miliardi di coperture 2017-2020 della Legge di Stabilità sarebbero a rischio); c'è da seguire la delega fiscale, i dossier delle 'partecipatè e, soprattutto, potenziare e moltiplicare i primi segnali di debole ripresa. L'immagine che Padoan ha più volte usato è: "l'Italia va vista come una macchina lanciata a grande velocità ma con il freno a mano tirato". A lui dunque va ora il compito di levare il freno. ​