Attualità

il fronte. Tassa extraprofitti, le banche al contrattacco

Nicola Pini mercoledì 13 settembre 2023

Giovanni Sabatini, il direttore generale dell'Abi, l'associazione bancaria italiana

La contrarietà delle banche alla tassa sugli extra-profitti introdotta a sorpresa un mese fa dal governo era già palese. Ma finora era stata espressa più o meno riservatamente. Ieri invece l’audizione in Senato sul decreto Asset ha offerto al mondo del credito l’occasione per un intervento ufficiale e molto critico sulla nuova imposta. La tassa introdotta «senza alcun confronto preventivo e provocando sui mercati un impatto poi solo parzialmente attenuato», ha accusato il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, «ha prodotto un vulnus alla fiducia riposta sul mercato finanziario italiano». Sabatini ha lanciato l’allarme sulle conseguenze della misura sull’economia del Paese che già sta osservando un netto rallentamento della crescita: «Ingiustificate penalizzazioni del settore bancario determinerebbero una minore capacità di accantonamenti prudenziali, di finanziamento alle imprese e alle famiglie e limiterebbero l’interesse degli investitori verso il settore bancario italiano che, da ultimo, si rifletterebbe sull’intero mondo economico italiano».

Le bordate arrivano anche dal credito cooperativo e dalle popolari. Il presidente di Federcasse, Augusto Dell’Erba, ha chiesto «l’esclusione tout court» delle Bcc dalla tassa e ricordato il ruolo del comparto a favore dell’economia dei territori che verrebbe fortemente compromesso. E Assopopolari ha rilevato da parte sua come le banche di minori dimensioni sopporterebbero un peso in proporzione maggiore delle grandi vedendo spazzato via il 24% degli utili contro il 10% dei grandi istituti. L’imposta dopo l’annuncio in Consiglio dei ministri è stata già modificata, riducendone l’impatto e proprio in questi giorni si sta valutando una nuova correzione per ridurre la base imponibile su cui calcolare il prelievo. Il termine per presentare emendamenti al dl, dapprima in scadenza oggi, è stato posticipato a giovedì. Sabatini ha elencato una serie di cambiamenti minimi per evitare danni all'economia e alle finanze pubbliche . Si chiede la deducibilità ai fini Ires e Irap e di «escludere dal computo dell’imposta gli effetti reddituali e patrimoniali dei titoli» di Stato. Una parte della maggioranza (Forza Italia) appoggia le modifiche, ma Palazzo Chigi per ora tiene il punto. «Io difendo e difenderò - ha detto ieri la premier Meloni - il provvedimento, che non ha un intento punitivo, e che racconta la fine di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti. È una norma giusta».

Per l’Abi la misura così com’è stata concepita è da bocciare. Intanto perché «produce effetti retroattivi» in quanto si riferisce al periodo 2021-23: una «retroattività che incide sulla certezza del diritto, in contrasto con i principi e i criteri di certezza cui si ispira la delega fiscale pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 14 agosto». Come dire: il governo si contraddice da solo. E poi ci sono i «dubbi di compatibilità costituzionale» (si ricorda la bocciatura da parte della Consulta dell’addizionale Ires sul settore energetico) di una misura che ha un «carattere espropriativo» e potrebbe essere in «violazione del principio di libera concorrenza nell’Ue, penalizzando gli operatori nazionali del settore bancario». Le banche respingono in toto il concetto di «extraprofitti» degli utili nel settore, base dell’imposta straordinaria. Perché, spiega Sabatini, «si riferisce a una situazione di monopolio od oligopolio, mentre le banche operano in forte concorrenza nell’intera area dell’euro».

Il provvedimento sulle banche non è il solo motivo di frizione del governo con il mondo economico. Il settore edile è in allerta per l’indietro tutta sul Superbonus. Ance e Cna chiedono una proroga di sei mesi dell’incentivo fiscale per gli interventi già avviati nei condomini e una soluzione efficace. Per gli artigiani senza proroga «sono a rischio 10 mila cantieri, oltre il 50% del totale». E l’associazione dei costruttori mette in guardia dagli effetti del blocco della cessione dei crediti, che «sta determinando forti criticità sotto il profilo sociale e avendo conseguenze dirette su moltissime famiglie». Secondo le stime «si tratta di 320mila nuclei per un totale di 750mila persone».

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