Attualità

LO SHOW. Berlusconi: «I comunisti esistono e vogliono farmi fuori»

Marco Iasevoli giovedì 6 gennaio 2011
Il re del gossip, Alfonso Signorini, lo porta sul terreno prediletto: i «comunisti in cachemire». E il Cavaliere, in collegamento telefonico, non si sottrae, mediando per il pub­blico della seconda serata di Canale 5 - stavolta non quello impegnato di Ma­trix, ma quello light di Kalispera - la tesi politica che lo accompagna dal ’94 e che ricorre con più frequenza nelle fasi pre elettorali: «Si, i comunisti esi­stono, non basta cambiare nome e ve­stire bene, la loro tattica è sempre la stessa: mistificare la realtà, demoniz­zare l’avversario, come fanno con me utilizzando i magistrati a loro vicini. Per loro sono solo un ostacolo da eli­minare».Una bomba condita di bat­tute («mai avuta una tresca con una di sinistra!», esclamazione seguita però da un «no comment» sull’ex moglie Veronica Lario), lanciata fuori dal cam­po della sua maggioranza, forse per al­leggerire le tensioni con l’asse Bossi-Tremonti e indicare loro il comune 'nemico': gli ex Pci, appunto. Non è un caso che l’affondo avvenga poche ore dopo aver incassato l’en­nesima 'fiducia a tempo' del Senatur sull’operazione-allargamento. I tre (premier, ministro e leader della Le­ga) si sono sentiti martedì sera, men­tre Bossi e Tremonti celebravano la do­lomitica 'cena degli ossi'. Da quanto ha detto Bossi ieri («i numeri stanno crescendo») si intende che Berlusco­ni ha portato in dono nuovi nomi per la maggioranza - come accertano i pontieri della neonata 'area dei re­sponsabili' - e conferme sul 'sì' al fe­deralismo. Anche se il senatur dribbla: «L’ho solo salutato, ci ha parlato Tre­monti... ».Nella speranza di aver congelato la querelle interna - con annessa dose di veleni sulla tentazione del ministro di correre alle urne per poi sostituirlo a palazzo Chigi - Berlusconi si consegna volentieri nelle mani di Signorini. Il conduttore gli offre un’immagine di D’Alema in cachemire a Saint Moritz: «Presidente, non esistono più i comu­nisti di una volta...». Il Cavaliere ad­denta: «Esistono eccome... non è un cachemire che può cambiare il cer­vello e il cuore della gente». Ovvero, non è una 'tiratina a lucido' che can­cellerebbe «il loro passato e gli orrori di un’ideologia spa­ventosa, che ha pro­dotto miseria, dispe­razione e 100 milioni di morti». Una frase che farà dire ad Anto­nio Misani, della se­greteria Pd - dai big nessun commento a caldo - : «Un magnifi­co sketch, manca però il grande classico: i comunisti mangiano i bambini». Mentre Di Pie­tro reagisce con più veemenza: «Che c’azzeccano i pm coi comunisti? Solo la sua mente malata può fare questo collegamento...».La discussione modaiol-politica tira in ballo anche Santoro e Grillo. Per il Cavaliere «non basta il trucco di cam­biare nome». È vero, continua, «si so­no imborghesiti, mangiano caviale, ma sono sempre gli stessi». Con la dif­ferenza che «prima andavano nelle ca­se del popolo e ora vanno nei salotti chic». Ragion per cui non c’è nemme­no bisogno che il premier si ancori al potere: «Sono gli ita­liani che non glielo danno, non si rico­noscono in loro». Chiusa la telefonata ­ registrata a ora di pranzo - , affida ai suoi colonnelli il compito di ricordare che «l’asse con la Le­ga è solido» e che «bi­sogna evitare le urne», mentre lui con­tinua ad orientarsi nel mare degli o­norevoli in bilico. Ma quanti sono? Dieci? Venti? Abbastanza per mettere al riparo le commissioni? Un mistero che porta qualcuno a ipotizzare uno scenario diverso: i nuovi innesti in realtà sarebbero pochi, e il Cavaliere vorrebbe solo andare alle urne «con dolcezza».