I 50 anni di Avvenire. 2003 - A Banja Luka una profezia di riconciliazione
22 giugno: Giovanni Paolo II è a Banja Luka, uno dei luoghi simbolo della guerra a sfondo etnico e religioso che dilaniò i Balcani negli anni 90 (Ansa)
Fu l’anno del grande caldo. E del grande buio. Fu la stagione dell’afa insopportabile che per tre mesi, da giugno, ha tenuto sotto assedio soprattutto i grandi centri urbani provocando (hanno calcolato) cinquemila morti tra gli anziani. Temperature livellate, le minime della notte quasi uguali alle massime del giorno, una situazione da incubo. Eppure ne siamo usciti.
E poi il grande black out generalizzato, dicevamo. Accadde a partire dalle 3,25 del 28 settembre, quando le luci si spensero ovunque, Sardegna esclusa. Eccesso di prelievo di potenza dalla rete? Macché. Era semplicemente caduto un albero in Svizzera e aveva abbattuto i cavi di un elettrodotto che convogliava ad di qua delle Alpi l’energia che eravamo (siamo) costretti a importare. A cascata il guasto si ripercosse sull’intera rete nazionale che andò in blocco per insufficienza di alimentazione, tanto che in alcune zone il ripristino dell’erogazione avvenne solo dopo 19 ore. Il sistema Italia scoprì così la sua fragilità estrema, prese consapevolezza di quanto fosse (ed è) aleatoria la dipendenza dall’estero.
Il caldo e il buio, le due cifre di lettura di un anno – il 2003 – che di guai al nostro Paese e al mondo ne ha portati parecchi. C’è l’attacco all’Iraq a partire dal 20 marzo e c’è per noi italiani il doloroso capitolo di Nasiriyah, la strage del 12 novembre, il camion-bomba lanciato contro una nostra postazione militare in Iraq con un bilancio di 19 morti, dei quali due civili. Il Paese è allibito, stenta a credere, ma la realtà è davanti agli occhi: anche noi, laggiù, siamo in zona di guerra.
C’è, a livello interno, un drammatico colpo di coda del terrorismo brigatista: il 2 marzo su un treno in servizio da Firenze a Roma in un conflitto a fuoco perdono la vita il sovrintendente di polizia Emanuele Petri e il brigatista Mario Galesi. Sembrano tornati gli anni di piombo. C’è una notizia che arriva dalla Cina, dove a partire dall’11 febbraio è emergenza sanitaria causata del diffondersi della Sars, la sindrome respiratoria acuta grave, la cosiddetta influenza aviaria. Anche l’Europa e l’Italia sono costrette a prendere le opportune contromisure. L’allarme Sars non impedisce alla Cina di lavorare con rinnovata energia al programma spaziale e di inviare in orbita il 15 ottobre il suo primo astronauta. C’è poi a fine anno (il 26 dicembre, dodici giorni esatti dopo la cattura di Saddam Hussein da parte degli americani) il disastroso terremoto che rade al suolo la città iraniana di Bam. Quante le vittime? Si parla subito di 28mila, ma potrebbero essere quasi il doppio.
Torniamo a casa nostra. Con una decisione non inattesa i Savoia rientrano in Italia il 15 marzo. Vittorio Emanuele e suo figlio Emanuele Filiberto promettono che non faranno politica. Con la legge 207 del 1° agosto viene varato un indulto che permette a quanti hanno ancora due anni di carcere da scontare di lasciare la cella. Provvedimento umanitario? Sì, certo, ma soprattutto utilitaristico, nel senso che il sistema carcerario scoppia e ha bisogno di diminuire l’affollamento liberando posti. Con il voto parlamentare del 31 luglio arriva una novità per gli automobilisti, entra in vigore il sistema della cosiddetta patente a punti: più infrazioni stradali farai, più punti perderai dei 20 che ti sono assegnati. Ma le cose sulle strade continueranno come prima, tanto nessuno controlla.
Non possiamo dimenticare il Papa. Il 17 aprile ha pubblicato la sua quattordicesima (sarà l’ultima) enciclica, la Ecclesia de Eucharistia. Il 22 giugno si è recato in Bosnia-Erzegovina e a Banja Luka ha rivolto un pressante appello alla riconciliazione. Il 19 ottobre ha beatificato Madre Teresa di Calcutta.
L’anno 2003 registra la scomparsa di figure come Giorgio Gaber (1 gennaio), Alberto Sordi (25 febbraio) e l’economista premio Nobel Franco Modigliani (25 settembre). Un lutto condiviso da tutto il mondo è quello per la morte di Giovanni Agnelli, il 24 gennaio. Alla presidenza della Fiat sarà insediato il successivo 13 maggio il fratello Umberto.
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