Famiglia. I 40 anni dei consultori. Ma cosa fanno e cosa possono fare?
Tre sfide per i consultori di domani: non lasciare sole le famiglie nelle situazioni di difficoltà, riuscire ad esprimere con parole nuove il senso profondo delle relazioni matrimoniali, riconnettere le generazioni, tenendo insieme sapienza e profezia. Sullo sfondo rimane la questione irrisolta dell’accreditamento pubblico. Solo in Lombardia i consultori familiari di ispirazione cristiana hanno un riconoscimento pubblico. Come potrebbe essere moltiplicate le proposte di bene in chiave familiare se si riuscisse a realizzare accordi simili in tutte le altre regioni? È la speranza a cui dà voce don Edoardo Algeri, presidente della Confederazione dei consultori di ispirazione cristiana alla vigilia di un appuntamento carico di significati. Al crocevia dei quarant’anni, la Confederazione dei consultori, oltre alla rievocazione di una storia di impegno solidale accanto alle fragilità delle famiglie, considera quanto mai propizia l’occasione per una riflessione prospettica sui temi della vita affettiva, su relazioni e legami, su quella trama preziosa in cui trova linfa e significato la vita familiare.
Tra un passato illustre e un futuro da tracciare con quella fantasia della carità più volte evocata da papa Francesco, l’interrogativo è tutt’altro che scontato. Cosa possono fare i consultori familiari – la rete più significativa di centri per l’aiuto alla famiglia di tutto il Paese, quasi trecento tra quelli targati Cfc (204 + 3 in arrivo nel 2018) e quelli riuniti sotto la sigla Ucipem (77) – per rendere ancora più efficace i propri interventi in un’epoca in cui i nuclei familiari sembrano affaticati e confusi? L’interrogativo è al centro del convegno che si apre stamattina a Roma, all’Università Cattolica, alla presenza dei responsabili nazionali, di esperti, studiosi, operatori dei consultori. Il titolo, "Il futuro nelle nostre radici. Quarantesimo anniversario, 1978-2018", sintetizza l’urgenza di rilanciare forza ideativa e capacità progettuale, differenziando in modo innovativo i servizi alla famiglia, attingendo certamente da un’esperienza e una professionalità di prim’ordine, ma anche dalle indicazioni emerse in Amoris laetitia per le famiglie di oggi.
«Dobbiamo rassicurare le famiglie, stare accanto a loro, rappresentare un approdo sicuro per tutte le necessità, piccole e grandi. Mai come oggi i nuclei familiari – riprende don Algeri – avvertono il peso della solitudine. I consultori devono invece far sentire la presenza di un tessuto sociale ed ecclesiale». Un sostegno che deve manifestarsi anche nella vicinanza e nell’aiuto al "far famiglia", quella progettualità che anche le coppie più giovani continuano a sognare ma che sempre più spesso è difficile da concretizzare. «Ricominciamo allora dalla grammatica delle relazioni, torniamo ad accompagnare i giovani, a far loro comprendere – prosegue il presidente della Confederazione dei consultori – che le comunicazioni nella coppia sono linfa preziosa per il futuro. Molte crisi nascono da una cattiva comunicazione, in cui prevalgono le "cose da fare" rispetto a quelle che "danno senso" alle relazioni».
E infine c’è il grande problema di rifondare la solidarietà tra le generazioni. «Offrire ai più giovani la possibilità di sviluppare un progetto familiare anche grazie all’esperienza dei più anziani – osserva ancora don Algeri, che è anche psicologo e responsabile dell’Ufficio di pastorale familiare della diocesi di Bergamo – vuol dire non trascurare neppure la cura di quegli aspetti concreti, casa, lavoro, sostegni materiali, che sono comunque irrinunciabili per avviare una famiglia. Certo, sono realtà che devono essere comunque innestate nella "qualità" del rapporto di coppia, nella bellezza della differenza di genere, nella capacità di mettere a fuoco il senso profondo della relazione Ecco la grande sfida dei consultori è proprio quella di tenere insieme sapienza e profezia». Un impegno che nelle decine e decine di centri per la famiglia, disseminati da Nord a Sud, si è concretizzata nella possibilità di offrire assistenza a quasi un milione di persone solo lo scorso anno – 256mila in Lombardia – con una gamma di interventi che coprono sia l’area socio-psico-pedagogica, sia quella ostetrico-ginecologica, sia infine quella che riguarda la prevenzione alla salute. Ora si tratta di estendere il modello lombardo in tutte le altre regioni.