Attualità

Il documento. «Dagli hospice cattolici parole nuove sul fine vita»

Paolo Viana sabato 19 settembre 2020

«Una presenza per una speranza affidabile. L’identità dell’Hospice cattolico e di ispirazione cristiana» è il titolo del documento curato dal tavolo tematico di lavoro attivo presso l’Ufficio Cei per la Pastorale della Salute, presentato ieri. «Siamo partiti dall’idea che un hospice è un hospice – ha sintetizzato don Massimo Angelelli, direttore – per riconoscere che un hospice cattolico ha una identità specifica, che integra quello delle strutture laiche, ma che è sua».

Il testo (Nuova Editoriale Romani, reperibile nelle librerie) inquadra le sfide bioetiche del fine vita ed è scaturito da un confronto di due anni tra venti strutture cattoliche. «Si è camminato molto, insieme, e si è arrivati molto più lontano di quanto si potesse ipotizzare alla partenza. Il libro contiene la sintesi di questa ricerca identitaria, uno strumento di progettualità condivisa, nuovo punto di partenza per un cammino voluto e costruito di convergenza ecclesiale e professionale» ha commentato Angelelli. Sentire e capire si devono muovere insieme come in una danza» ha aggiunto la psicologa Maria Elena Bellini.

Il risultato più interessante di questo lavoro è dunque la conferma di uno specifico identitario. Per quanto l’attività quotidiana di un hospice laico non sia, apparentemente, diversa da quella di una struttura cristiana, nel senso che il rispetto e l’amore per il morente paiono confondersi, la terminologia utilizzata e la formazione del personale differiscono. Nelle strutture religiose si parla di fine vita "terrena" e l’operatore si relaziona all’ospite entro una dimensione spirituale che non è richiesta in una struttura laica. «I credenti sostengono il comune impegno, proprio di ogni hospice, di accompagnamento al morire umano, alla luce che scaturisce dal vivere, morire e risorgere di Gesù di Nazareth» sintetizza Angelelli.

Come testimonia il medico Massimo Damini, nel curare sempre, che è caratteristico delle cure palliative, «professionalità e umanità del medico diventano la terapia. È fondamentale perciò costruire un rapporto di fiducia che apre a qualcosa di più grande, all’affidamento del sé con la serenità che non è quella di guarire ma di essere accompagnato fino alla fine».

Il tavolo di lavoro sugli hospice presso l’Ufficio Cei ha chiarito anche che «a chi opera nelle strutture cattoliche o di ispirazione cristiana, al medico e a tutto il personale operante nel sistema dell’hospice, tanto nelle fasi direttamente operative quanto nei processi amministrativo-gestionali, spetta di rivendicare la propria autentica libertà di coscienza, nonostante le molte pressioni, a volte indebite. Qualora un sistema legislativo dovesse arrivare ad ammettere l’eutanasia o altre pratiche in opposizione alla vita, queste saranno considerate inconciliabili con la deontologia professionale o con il proprio orientamento religioso o le proprie profonde convinzioni etiche. Tutti questi operatori obbediscono a un dovere superiore, che parla e illumina la loro coscienza: è il diritto alla libertà di coscienza. Ed è un diritto umano fondamentale da tutelare per la libertà propria dell’umanità. I nostri hospice si affermano così anche come un luogo che rivendica la libertà religiosa».

Il documento spiega infine che nell’hospice, sia esso cattolico o cristianamente ispirato, «la visione cristiana della morte come fine della vita terrena e come apertura alla Risurrezione trova un luogo privilegiato in cui viene affermata». Una visione che si riflette nell’assistenza, ma anche nella configurazione architettonica e nell’amministrazione. Perciò il lavoro del tavolo proseguirà per trasferire la convergenza identitaria tra le strutture religiose in una dimensione organizzativa. Le strutture che partecipano al tavolo Cei stanno già lavorando per realizzare nuovi hospice insieme, strutture che facciano tesoro dell’elaborazione culturale avviata dal tavolo Cei.