Un gol. Due gol. Tre gol. L’esultanza da condividere coi compagni di squadra. Gli applausi che arrivano dagli spalti gremiti da tifosi e appassionati. E intanto il livello dell’autostima di chi è abituato a vivere sulla strada aumenta, a dismisura. Anche Milano sarà protagonista di questo processo di riscatto, ospitando la settima edizione dell’Homeless Cup. «È un vero e proprio campionato del mondo, si tiene ogni anno in un diverso Paese» ha spiegato Alessandro Dell’Orto del comitato organizzatore.Quella sensazione di potercela fare riaffiora, piano piano, nell’animo dei tantissimi clochard che indossano scarpette, pantaloncini e la maglia della propria nazionale nell’Homeless Cup. Secondo le statistiche prodotte dallo stesso torneo di street soccer, nel 70 per cento dei casi i senza fissa dimora che partecipano trovano il modo di reinserirsi nella società: «Prendono coscienza di se stessi – ha proseguito Dell’Orto – e di quello possono ottenere». E lo fanno cercandosi un’occupazione o una casa, iscrivendosi a scuola, diventando giocatori e allenatori e imprenditori sociali. A sette anni dalla nascita della Homeless Cup tante sono le storie a lieto fine. Una è quella di David Duke, che dopo aver partecipato all’Homeless Cup come giocatore, è riuscito a vincere lo stesso torneo tre anni, siedendo sulla panchina della nazionale scozzese e ora allena una squadra di calcio giovanile a Glasgow. Un’altro a riscattarsi è stato Eduardo, cresciuto in una favelas di Rio, dove si faceva e vendeva droghe per 250 dollari alla settimana. Dopo essere stato portiere nella sua nazionale verdeoro nel 2006, il 28enne brasiliano ha ripreso in mano la sua vita: ora ha una moglie e un figlio di 10 mesi e lavora come cameriere e idraulico.Per la rappresentativa azzurra, pronta a scendere in campo il prossimo 6 settembre, nella storica Arena Civica - dove nel 1910 anche la nazionale italiana giocò la sua prima partita - il reclutamento di giocatori è ancora in corso. L’unico a essere confermato, nelle file azzurre, dal mister Bogdan Kwappik, è il capitano Angelo Cimbali che vive nel Ceas al parco Lambro, ospite della struttura gestita da don Virginio Colmegna, dove ha trovato conforto dopo un difficile periodo di dipendenza dall’alcol. Per gli altri sette giocatori ancora tutto da decidere: «Dal 29 agosto fino al 5 settembre saremo nelle tendopoli in Abruzzo – ha spiegato Karin Cervantes, responsabile dei “giocatori volontari” – per reclutare nuovi giocatori e allenarci, in vista dell’inizio del torneo» e del sorteggio dei gironi che avverrà domenica 6 settembre. Solo allora il pallone verrà calciato via, insieme a tutti i disagi e le differenze.
I numeri. All’Arena civica “Gianni Brera” si accendono i riflettori sul campo da street soccer che verrà allestito dal 6 al 13 settembre. In quei giorni, in città, arriveranno 500 giocatori provenienti da 48 Paesi per partecipare alla settima edizione della Homeless World Cup. L’evento calcistico di livello mondiale che coinvolge senza tetto e clochard da ogni parte del mondo. Le 48 squadre invitate rappresenteranno tutti e cinque i continenti del globo, comprese Argentina e Brasile, Inghilterra e Germania, Australia e Cambogia, Hong Kong e India, Ghana e Malawi. L’Italia, due volte campione della Homeless World Cup, cercherà di riconquistare il titolo di campione del mondo giocando in casa, davanti al proprio pubblico. «L’obiettivo è quello di arrivare a ospitare 100mila tifosi durante la settimana del torneo» ha spiegato Alessandro Dell’Orto, presidente del comitato organizzatore della Homeless Cup. Gli spettatori (l’ingresso è gratuito per tutti) potranno apprezzare la spettacolarità dello street soccer, una sorta di calcetto velocissimo, nel quale due squadre composte da 4 giocatori ciascuna si sfidano in due tempi da 7 minuti, con cambi volanti e una media di 10 gol a partita. Anche Inter, Milan e la Lega calcio hanno deciso di patrocinare la settima edizione del torneo di street soccer, riservata ai clochard, riconoscendo il valore di sociale dello sport.