Giovani. I ragazzi soffrono perché hanno meno amici, ma adesso si impegnano di più
«Non mi sento tanto bene» canta Ghali nella sua ultima canzone, dando voce, suo malgrado, al malessere che accompagna la generazione Z. La pandemia ha lasciato il segno sugli under 17, già alle prese con i dolori esistenziali tipici dell’età.
I numeri, resi noti dalla fondazione “Con i bambini” e Openpolis, delineano un quadro poco incoraggiante. Mezzo milione sono a rischio dipendenza da internet. Oltre 370 mila dichiarano di avere dipendenza da cibo e disturbi alimentari: crescono i casi di ricovero in pronto soccorso (quasi 3 mila nel 2021, +10,5%). E sono quasi 66 mila gli studenti “hikimori”, che manifestano cioè tendenza al totale isolamento sociale, sulla scia dei malinconici coetanei giapponesi. Peggiora in generale il benessere psicologico, soprattutto tra le ragazze.
Ma, nonostante le difficoltà, prevale la forza di pensare positivo: il 60% ha fiducia nelle sue prospettive future.
«Il mondo degli adulti ha difficoltà a comprendere le ragioni di questo disagio diffuso, presente già da prima della pandemia ma cresciuto durante quel periodo drammatico - commenta Marco Rossi-Doria, presidente di “Con i bambini” -. Non possiamo uscirne etichettando semplicisticamente come emergenza un’intera generazione o definire gretini chi si impegna per la salvaguardia del pianeta, cioè il loro futuro».
Ed è per questo che la fondazione ha avviato la campagna “Non sono emergenza”, contando sul supporto del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile: un viaggio nel disagio giovanile attraverso un fotoreportage di Riccardo Venturi e un documentario di Arianna Massimi, realizzati assemblando le storie e l’ascolto diretto di ragazzi e ragazze in giro per l’Italia. Con un’ambizione: mostrare gli adolescenti non come un problema, bensì come una risorsa da valorizzare.
«Ci sono tanti ragazzi che fanno cose insieme, si aiutano e aiutano nei momenti di bisogno, fanno sport, volontariato e costruiscono comunità a scuola e fuori - sottolinea Rossi-Doria -. Ascoltiamoli. Hanno da insegnare a noi tutti in un mondo complesso che è e sarà il loro. Occorre conoscere, capire e ascoltare, creando e rafforzando alleanze educative come sta già avvenendo grazie al Fondo. Il tema del disagio degli adolescenti riguarda tutti, non solo i ragazzi, le ragazze e le loro famiglie. Riguarda la scuola e la formazione, le fondazioni e il Terzo settore, le istituzioni e gli enti locali, il mondo della cultura, dello sport e dell’informazione, il mondo economico e delle imprese. Per questo motivo, in questi mesi chiederemo a tutti questi soggetti di aderire idealmente alla campagna».
Il primo passo consiste nello smontare pregiudizi e luoghi comuni. C’è un muro di incomprensione che divide il mondo dei grandi da quello dei ragazzi. Il 54% degli adolescenti pensa che gli adulti non li capiscano, e il 45% dei genitori si dice d’accordo, ammettendo l’approccio sbagliato verso i figli. Di fronte a relazioni familiari che si fanno sempre più complicate, la fuga verso il virtuale è facile e quasi scontata. Quasi 100mila ragazze e ragazzi (il 2,5% degli 11-17enni) mostrano inquietanti segni di dipendenza da social media. Tra loro, il 75% ammette di fare fatica a parlare con mamma e papà. Il Covid ha peggiorato lo scenario, spingendo verso la deriva della solitudine: in base alle rilevazioni svolte dall’istituto nazionale di statistica, il 50,5% degli alunni delle scuole secondarie ha iniziato a frequentare meno amici e amiche.
Le difficoltà non mancano nemmeno in ambiente scolastico: circa 1 studente su 10 delle scuole secondarie ha dichiarato di aver subito episodi di bullismo o cyberbullismo, con un’incidenza che sale tra chi è a maggior rischio di esclusione, come i minori stranieri. La quota raggiunge infatti il 18,2% tra bambini e ragazzi con cittadinanza non italiana. Anche le ragazze sono tra i soggetti più a rischio di episodi di bullismo: il 3,9% delle studentesse dichiara di essere stata presa di mira con racconti di storie diffamatorie sul proprio conto. Molto più dei maschi (2,3%).
Fin qui il lato oscuro. Ma ci sono sprazzi di luce che sarebbe un delitto ignorare. Perché gli under 17 sono convinti che le cose possano cambiare. Non solo nel loro microcosmo ma anche a livello generale. E stanno già provando a mettersi in gioco per promuovere qualche progresso. La quota di 18-19enni che hanno preso parte ad associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace, ad esempio, è quasi doppia rispetto al resto della popolazione (2,9% contro una media del 1,6%). E appare in crescita anche la quota di chi, tra 14 e 17 anni, presta attività gratuite in associazioni di volontariato (6,4% nel 2022, a fronte del 3,9% dell’anno precedente). Insomma, gli adolescenti sono meglio di come vengono spesso dipinti. Basta soltanto fornire loro la tavolozza giusta.
L'allarme Unicef
Circa 11,2 milioni di bambini e giovani entro i 19 anni, nell’Unione Europea - ovvero il 13% -, soffrono di un problema di salute mentale. In particolare, nell’Ue in totale 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine fino a 19 anni soffrono di disturbi mentali. Tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l'8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Sono alcuni dei dati resi noti dall’Unicef nella pubblicazione Child and adolescent mental health - The State of Children in the European Union 2024, in occasione della Settimana europea della salute mentale (13-19 maggio).
Il suicidio è la seconda causa di morte (dopo gli incidenti stradali) tra i giovani fra i 15 e i 19 anni nell’Ue. Nel 2020, circa 931 giovani sono morti per suicidio in Europa, equivalenti alla perdita di circa 18 vite a settimana. La prevalenza del suicidio è diminuita nel corso del tempo nell'Ue, afferma l'Unicef, con il 20% dei suicidi in meno nel 2020 rispetto al 2011. Circa il 70% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni che muoiono per suicidio sono maschi. In Italia, tra i giovani compresi nella fascia di età 15-19 anni, che hanno perso la vita intenzionalmente tra il 2011 e il 2020, il 43% era costituito da ragazzi e circa il 36% da ragazze. Circa la metà (48%) di tutti i problemi di salute mentale a livello globale si manifesta entro i 18 anni, eppure molti casi rimangono non individuati e non trattati.
Inoltre, nell'Unione Europea i dati sull'accesso ai servizi per la salute mentale da parte dei bambini sono limitati, ma le evidenze indicano che, nel 2022, per quasi la metà dei giovani tra i 18 e i 29 anni i bisogni di assistenza per la salute mentale non erano soddisfatti. Attualmente, commenta l’organizzazione, «nei Paesi dell’Ue gli investimenti nei servizi per la salute mentale sono esigui rispetto a quelli per la salute fisica. È necessario porre maggiore enfasi sull’affrontare le cause profonde dei problemi di salute mentale attraverso iniziative di prevenzione e la promozione di una salute mentale e di un benessere positivi».
Lo scorso 6 marzo, una delegazione dell'Unicef Italia ha incontrato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, al quale sono state consegnate le oltre 21.000 adesioni raccolte per la petizione Unicef chiamata “Salute per la mente di bambini e adolescenti”, per chiedere azioni a sostegno del benessere psicosociale e della salute mentale degli adolescenti.
«Il disagio che riguarda i ragazzi può vedere l'implicazione di diversi fattori, alcuni anche di entità lieve se presi singolarmente, che dopo la pandemia hanno preso il sopravvento. L'esperienza del lockdown ha visto l'emergere di altre patologie, somatiche e psichiche, con un forte impatto di natura sociale, ambientale, relazionale, con cui oggi e domani ci troveremo a fare i conti. Sono tanti i giovani e giovanissimi che soffrono di malattie mentali e soprattutto depressione, parliamo di oltre 700 mila ragazzi in Italia: i dati Unicef appena diffusi ne sono la conferma». Così Emi Biondo e Liliana Dell'Osso, rispettivamente presidente e presidente eletta della Società italiana di psichiatria, hanno commentato i dati del Fondo della Nazioni unite per l’infanzia. «La depressione, inoltre – hanno aggiunto –, proprio nei giovani e negli anziani è la principale causa di suicidio. Paradossalmente, pur vivendo in un mondo iperconnesso, di fronte a queste situazioni spesso vince la solitudine, per paura del giudizio e dello stigma che colpisce chi soffre di malattie mentali».