La crisi. Grillo tace, scontro in M5s
Mentre il leader si chiude in un silenzio anomalo, blindato per tutta la giornata all’interno della villa di Sant’Ilario, scoppia il caos tra gli eletti alla Camera e al Senato. Grillo tace e medita sugli errori commessi. Ma la situazione rischia di sfuggirgli di mano. Perché, tra Palazzo Madama e Montecitorio, da mattina a sera, è un susseguirsi continuo di accuse, veleni, dichiarazioni al vetriolo che rischiano di creare nuove fratture dentro M5S. Tommaso Currò, storico dissidente, arriva addirittura a chiedere la testa di Grillo: «Ha detto che in caso di mancata vittoria si sarebbe dimesso? Bene, lo faccia».La pesante sconfitta elettorale fa troppo male. E la prima conseguenza è il riaprirsi di vecchie ferite mai rimarginate davvero. Scatta così un processo interno che potrebbe durare a lungo. I critici tornano ad alzare la voce. I "ribelli" Walter Rizzetto, Aris Prodani, Tancredi Turco e lo stesso Currò pretendono un passo indietro anche da parte dei «servitori» di Grillo: «Basta con Di Battista, Morra, Taverna e i soliti che vanno sempre in tv e salgono sui palchi perché dicono che ha ragione il capo». Si parla apertamente di «cerchio magico». I mal di pancia, inoltre, sono in aumento. Molti "indecisi" sono sul punto di uscire allo scoperto perché non sopportano più certi toni utilizzati e si sentono messi ai margini.Per la resa dei conti, comunque, è questione di ore. Oggi si dovrebbero riunire i deputati, mentre domani toccherà ai senatori. Seguirà, probabilmente all’inizio della prossima settimana, un’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari per approfondire la diagnosi.A fare rumore è anche l’intervento a gamba tesa di Federico Pizzarotti: «Dobbiamo riconoscere la sconfitta e fare una doverosa autocritica», sostiene il sindaco di Parma. A pensarla esattamente così è Prodani. «È stata una batosta incredibile – ammette –. E adesso non si può far finta di nulla. Molti colleghi si stanno allineando sulle nostre posizioni. Insomma, qualcosa si muove». I fedelissimi però si schierano compatti a difesa del capo: «Quello di Pizzarotti è arrivismo», tuona Daniele Del Grosso. Come a dire: vuole solo prendere il posto di Grillo.
Intanto lo staff della comunicazione prova a ridimensionare le proporzioni del flop: «È sbagliato affermare che abbiamo perso quasi 3 milioni di elettori. Considerando l’affluenza delle europee e delle politiche in realtà si tratta di un milione di voti in meno. È un calo ma non l’emorragia di cui si favoleggia. Non abbiamo straperso». Peccato che Alessandro Di Battista, da 48 ore, non fa altro che sostenere il contrario.