Ai piani alti di palazzo Chigi sono ore per riflettere. Per capire. Per interrogarsi. C'è una parte di magistratura "politicizzata" decisa a mettere i bastoni tra le ruote al governo? C'è una parte di magistratura "politicizzata" che prova a "usare" la vicenda migranti per alzare il livello dello scontro e magari così frenare la riforma che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pm? Dubbi. Sospetti. Polemiche. La tensione sale ora dopo ora e in questo clima l'esecutivo prepara il decreto legge con cui, nel Consiglio dei ministri programmato oggi alle 18, intende porre soluzione al "problema" nato dalla decisione del Tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento dei migranti all'interno del cpr in Albania. Sono ore di telefonate. Di contatti. Il Colle vigila, Meloni tace e tocca a Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera e da sempre ascoltato collaboratore della premier, spiegare: «Le norme sono state rispettate, e i Paesi di provenienza di quei migranti erano considerati sicuri. La decisione del tribunale di Roma, presa sulla base di una decisione della Corte Ue che non riguardava i due Paesi in esame, porta però il governo a una decisione...». Il governo difende il piano Albania. Spiega che il trattato funziona. Ripete che Von der Leyen e Starmer parlano di un «modello innovativo e da seguire». E il presunto intreccio migranti-giustizia? Foti insiste: «Capisco che questo dia fastidio alla sinistra... I principi a cui si ispira questo governo fanno già parte di un regolamento europeo, perciò anche stavolta le cose sono chiare. Non è chiaro piuttosto quanto avvenuto nei giorni scorsi». E ora? Ancora una volta questione migranti e questione giustizia si accavallano. Oggi l'esecutivo proverà a trovare la soluzione. Perchè «non è possibile lasciare decidere ai singoli giudici, caso per caso, la possibilità di decidere se un Paese è sicuro o meno?». Molto è però ancora da capire. Quali saranno i punti fermi della risposta? L'idea è rendere norma primaria, e non più secondaria come il decreto interministeriale, l'indicazione dei Paesi sicuri, quelli verso cui è più facile disporre i rimpatri. Si lavora, spiegano fonti di maggioranza, anche a un altro aspetto: ossia i ricorsi contro le decisioni sul trattenimento nei cpr, e si sta valutando di farlo con le Corti d'Appello. Una soluzione già introdotta, per le richieste d'asilo, con il recente decreto flussi, e che ha generato l'allarme dei 26 presidenti delle Corti d'Appello, alle prese con organici ridotti e sovraccarico di cause. Si andrebbero così a toccare due elementi della sentenza del Tribunale di Roma, "abnorme" per il guardasigilli Carlo Nordio e ineccepibile per le l'Unione delle camere penali, secondo cui i giudici si sono «limitati ad applicare la normativa europea di riferimento, in linea con le indicazioni vincolanti della Corte di Giustizia dell'Unione europea». I copmmenti si accavallano. «La magistratura non ha compiti politici ma di rispetto dei diritti e delle garanzie delle persone», puntualizza il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia, che vede «minacce» nelle parole di Nordio e denuncia «toni di aggressione al lavoro giudiziario che non hanno precedenti». Sono ancora in corso approfondimenti sul testo del decreto, si lavorerà fino all'ultimo e non è del tutto escluso che serva più tempo per limare l'intervento. Non è detto che basti a evitare nuove pronunce come quelle di Roma. Ma, secondo i ragionamenti che si fanno in maggioranza, dietro il provvedimento c'è anche un «messaggio politico», e l'intenzione è comunque di «andare avanti» per salvaguardare il principio delle procedure di rimpatrio accelerate e non vanificare le intese internazionali con i relativi investimenti. Il Quirinale in questo momento segue attentamente l'evolversi della situazione ma, come sempre, si esprime sugli atti. Al Colle si attende di conoscere il contenuto del decreto legge e - come si evince anche dall'invito alla prudenza lanciato da Sergio Mattarella nel discorso a Bari - l'attenzione va al di là dello scontro fra governo e magistrati, anche ai risvolti europei della questione. Tanto più perché al centro c'è il tema della gestione delle migrazioni, in cima all'agenda della nuova Commissione Ue. Parla anche Antonio Tajani, capo di Forza Italia e ministro degli esteri: «Non sono i magistrati a dover decidere quali sono i Paesi sicuri. Il potere giudiziario non può invadere gli altri due. Io rispetto le sentenze, però i magistrati non possono fare come vogliono... E ancora: «Nel decreto che dovrebbe essere varato oggi dal Cdm, ci sarà la lista dei Paesi sicuri mentre la Corte Ue non dava una lista. Questo è un decreto, una fonte primaria, non possono esserci contestazioni».
Un passo indietro. Giorgia Meloni ha letto e riletto la mail del sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello, inviata ai colleghi (e pubblicata dal Tempo). Ne ha rilanciato un passaggio che la riguarda: «...Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte, e anche molto più pericolosa...». I sospetti sono sempre più forti. Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera e da sempre amico e collaboratore della premier, li spiega così: «In quella email si dice anche che Meloni è più pericolosa perché non ha processi in atto... Qualcuno potrebbe leggerci un suggerimento a indagarla per indebolirla. Credo che quella missiva dovrebbe essere attenzionata dal Csm, oltre che dal ministero». E ancora: «Se qualcuno pensa che alzando il livello dello scontro non si andrà avanti con la separazione delle carriere sta sbagliando di grosso. Noi quella riforma vogliamo portarla a termine previo confronto. Se però emerge un pregiudizio, va da sé: il confronto decade». La cronaca delle ultime ore è segnata anche dalle polemiche politiche. ¯«Anche oggi - attacca la leader del Pd Elly Schlein - Meloni ci regala la sua dose di vittimismo quotidiano». Poi Matteo Renzi: «Sul centro migranti in Albania, Giorgia Meloni è indifendibile. Ha buttato via un miliardo di euro senza logica. Ha tolto soldi agli infermieri, agli operai, ai Carabinieri per fare uno spot. Ma i magistrati ideologizzati che attaccano la premier in chat sbagliano quanto lei, più di lei. E fanno il gioco della Meloni che così può fare la vittima anzichè rispondere del suo spreco di soldi pubblici». Parole che nel pomeriggio lasceranno posto alle decisioni del governo. E, intanto, parla anche il presidente del Senato La Russa: «La destra, che vuole governare, vorrebbe rispetto per le prerogative della politica. Ed è per questo che dobbiamo chiarire questa zona grigia. Perché altrimenti non si capisce quale sia il confine tra le funzioni della giustizia e quelle della politica. Insieme, in modo concorde - maggioranza, opposizione, magistrati - dobbiamo perimetrare questi ambiti. La lite non funziona».