Roma. Meloni si prepara alla Ue: il Pnrr non è un totem, i migranti al prossimo vertice
La premier Giorgia Meloni all'uscita da Palazzo Chigi
È il viaggio-cornice, la premessa dei giorni che verranno. Giorgia Meloni sarà domani a Bruxelles per incontrare, nel pomeriggio, in rapida successione, la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola, la “premier” della Commissione Ursula von der Leyen e il numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel. Un trittico di incontri che la nuova inquilina di Palazzo Chigi vuole affrontare «senza subalternità», fa sapere, ma anche senza mostrare «ostilità preventiva». Parola d’ordine: «pragmatismo».
Un atteggiamento «concreto» che Giorgia Meloni si attende dalle istituzioni comunitarie sui tre temi che metterà sul tavolo: la possibilità di rivedere parte degli obiettivi del Pnrr, che «non è un totem», ripete; la necessità di accelerare e concretizzare le intese europee sul gas e sul caro-bollette, di modo da dosare le risorse nazionale da rendere disponibili nei prossimi mesi; la richiesta di portare il tema delle migrazioni nell’ordine del giorno del prossimo Consiglio Ue di dicembre.
Partirà determinata, Giorgia Meloni, ma anche guardinga. Come i suoi predecessori, ha bisogno di capire in anticipo i margini di manovra a breve e medio termine. I confini entro cui muoversi senza preoccupare alleati e mercati. Non è un caso se i primi provvedimenti del governo non abbiano riguardato dossier economici, e se il cantiere della manovra procede senza correre in modo forsennato: la premier vuole capire a Bruxelles - dove si è osservata con attenzione la mossa di rinviare l’entrata in vigore di una delle riforme legate al Pnrr, quella sulla giustizia penale - quale possa essere il punto di caduto tra stabilità finanziaria e politiche marcatamente di destra.
A Bruxelles Meloni ci andrà ricevendo dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti un report del suo viaggio a Berlino, negli uffici dell’omologo tedesco, Christian Lindner, previsto oggi. In sintesi, si va in Europa provando a ondeggiare tra rinvendicazione e rassicurazioni. Un po’ come accaduto nel primo faccia a faccia con Macron, che Meloni ha ricostruito nel tradizionale libro di fine anno di Bruno Vespa spiegando che da un lato c’è stata «franchezza», dall’altro la premier italiana avrebbe puntato l’indice contro «l’atteggiamento predatorio» di Parigi su alcuni dossier.
La cornice europea aiuterà a disegnare la Nota di aggiornamento del Def, fissata venerdì in Cdm, ed abbozzare il primo decreto-aiuti contro il caro bollette. L’ultimo orientamento in seno al governo sarebbe quello di usare il “tesoretto” lasciato da Draghi - circa 10 miliardi - in due tempi: 5 da usare per prorogare sino a fine anno le attuali misure, 5 da mettere in manovra per gli interventi del 2023. Il nuovo decreto comunque non dovrebbe vedere la luce venerdì perché la destinazione dei 10 miliardi va approvata dal Parlamento.
Prima delle misure economiche, insomma, passeranno giorni in cui il governo continuerà ad assestarsi. Oggi giurano i sottosegretari, mentre sui rapporti con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi la premier si è “confidata” con Bruno Vespa: con il capo della Lega, dice Meloni, si è stabilito «un rapporto nuovo e diverso. Ha capito quel che si poteva e quel che non si poteva fare e mi ha aiutato. Un mediatore? Be’, il fatto di non schierarsi aprioristicamente con Berlusconi mi ha aiutato molto».
Sarà, ma poi in serata lo stesso Salvini, su Facebook, apre con la premier cento fronti: dal canone Rai a Ita, dalle bollette alla Fornero. Col Cav, invece, il peggio sarebbe alle spalle: «Con lui - dice Meloni - c’è stata qualche incomprensione in più, figlia del passaggio di testimone. Quando si vivono momenti epocali, è fatale che ci siano delle scosse. Non so quanto sia stato ben consigliato all’inizio, ma devo riconoscergli la lucidità di capire quali fossero alla fine le priorità».
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