Politica. Meloni-Berlusconi, vertice sul governo
Giorgia Meloni al Villaggio della Coldiretti, sabato a Milano
La premier in pectore lavora ventre a terra alla ricerca incessante di quel «profilo alto» che vorrebbe fosse il segno distintivo del suo governo. Anche perché non mancano quanti continuano a pronosticare la fine del futuro esecutivo entro pochi mesi e Giorgia Meloni non può permettersi di sbagliare. Questo, però, implica un lavoro certosino di tessitura, perché il filo che tiene assieme le anime del centrodestra dovrà essere abbastanza resistente da reggere agli urti degli alleati. Così ieri, prima della visita al villaggio milanese della Coldiretti, è stata la volta del faccia a faccia ad Arcore con Silvio Berlusconi, galvanizzato dal risultato di Fi e ora (forte dei numeri che lo vedono praticamente appaiato al collega Matteo Salvini), deciso a reclamare lo stesso trattamento riservato alla Lega.
«In un clima di grande collaborazione e unità di intenti», si legge nel comunicato stampa diffuso al termine, i due leader hanno «ribadito la soddisfazione per l’affermazione del centrodestra alle elezioni politiche» e hanno condiviso «la necessità che l’Italia abbia un governo di alto profilo, capace di affrontare le gravi emergenze che il Paese si trova di fronte». Questo il resoconto ufficiale del vertice, al quale vanno aggiunte le dichiarazioni, altrettanto formali, della stessa leader dei Conservatori europei: «Con Berlusconi è stato un incontro concreto e cordiale. Siamo d’accordo sulle priorità e sulle prime cose da fare». Di eventuali ministeri e della squadra di governo, però, Meloni non ha voluto parlare, anche se il pensiero del Cavaliere, ribadito ancora una volta ieri mattina, è noto: Fi vuole essere considerata «al pari della Lega» perché, ha sostenuto l’ex premier, «non abbiamo preso voti a favore di altri». Ambienti vicini al Cav. lasciano intendere che si stia ragionando su una base di quattro dicasteri. E certo a Meloni «converrebbe sfruttare l’esperienza internazionale di Fi» per almeno una delle caselle che contano: Interno, Difesa o Esteri, per le quali Antonio Tajani è considerato perfetto. Lo stesso ex presidente del Parlamento Europeo ha fatto però sapere anche di non avere preclusioni per Salvini al Viminale («Salvini può fare il ministro di qualsiasi dicastero, può scegliere lui»). Il fondatore del centrodestra ha inoltre chiarito di non gradire l’ipotesi di «tecnici puri nel governo». E questo pur avendo ammesso di considerare Mario Draghi «un patrimonio a cui non rinunciare».
Si vedrà, ma l’impressione è che le carte di Meloni verranno scoperte solo una volta avuta la certezza che tutti gli alleati siano soddisfatti e sicuri di ottenere ciò che chiedono. Per ora, come sottolineato dalla possibile futura presidente del Consiglio, meglio parlare poco: «Dopo le elezioni ho evitato uscite pubbliche per dedicarmi ai dossier più urgenti. Se dovessimo essere chiamati a governare – ha detto dal palco della Coldiretti –, vorrei fosse chiaro che vogliamo dare risposte efficaci ai problemi di questa nazione».