Sea Watch. Riportati in Libia i 120 migranti sul gommone in pericolo
Il gommone in avaria: si nota che non c'è scia dal motore
Aggiornamento: le 120 persone (alla fine 131) sono state riportate in Libia dalla cosiddetta Guardia costiera libica, stando a quanto riportato da Alarm Phone su Twitter.
Stanotte le ~120 pers. (infine 131) sul gommone in pericolo sono state trovate dalla cd. guardia costiera libica e riportate in Libia. Siamo sollevati che siano sopravvissuti ma temiamo per le loro vite, in una zona di guerra dove tortura, stupro e detenzione sono sistematiche.
— Alarm Phone (@alarm_phone) July 22, 2020
L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha confermato l'informazione su Twitter, aggiungendo che tra le persone sopravvissute ci sono 13 minori sbarcati a Tripoli assieme alle altre persone.
Le prove delle stragi da occultare galleggiano trascinate dalla corrente. Dopo quello avvistato per quattro volte dal 29 giugno, oggi un altro cadavere è segnalato dall’aereo di Sea Watch. Quel velivolo che le autorità italiane stanno tentando di fermare come già avvenuto con le navi umanitarie. Un Mediterraneo senza testimoni che fanno chiasso permetterebbe, ad esempio, di non sapere del gommone mezzo sgonfio con almeno 100 migranti, il motore in panne, e oramai neanche una tanica di carburante. Anche questo è stato individuato dall’aereo dell’organizzazione tedesca.
“Moonbird ha individuato il gommone in pericolo con circa 120 persone a bordo. Finora nessuno ha risposto alle nostre chiamate di soccorso. Il gommone va alla deriva e uno dei due tubolari si sta sgonfiando. Queste persone devono essere salvate immediatamente!". Scrive in un tweet Alarm Phone, che monitora i migranti che tentano di raggiungere le coste europee attraverso il mar Mediterraneo. "Il tubolare continua a sgonfiarsi e le persone a bordo non hanno giubbotti di salvataggio, quindi è solo questione di tempo prima che il gommone affondi e accada un’altra tragedia. Alarm Phone è in contatto con le persone a bordo e ci riferiscono che ci sono 24 minori". Questa mattina l’Ong ha sollecitato l’intervento delle autorità maltesi e italiane per trarre in salvo i naufraghi, senza ottenere risposte.
Neanche da Tripoli hanno fatto sapere se alle coordinate indicate intendevano inviare una motovedetta.
Negli ultimi giorni si sono ripetuti gli sbarchi fantasma di barconi salpati dalla Tunisia, mentre sull’isola è stata di fatto raddoppiata la capienza dell’hotspot che ora può accogliere fino a 400 persone. Proprio da Tunisi arrivano notizie che non rassicurano. La crisi politica sta già avendo ripercussioni sul flusso migratorio. E ai barchini tradizionalmente adoperato da migranti nordafricano sempre più di frequente si aggiungono stranieri provenienti dall’Africa Subsahariana trasferiti in Tunisia dai campi di prigionia libici.
Dal momento in cui l’Italia ha riconfermato gli stanziamenti per i guardacoste libici, in mare si è registrata una tregua. A Tripoli, però, sono ricominciate le tensioni per la spartizione dei fondi internazionali, con il rischio che ancora una volta i migranti possano essere usati per faide interne e per inviare messaggi all’Ue, “o semplicemente per mostrare, dopo averli messi in acqua, di essere poi in grado di intercettarli e soccorrerli”, arguisce una fonte umanitaria a Tripoli.
Le operazioni nel Mediterraneo oramai vengono trattate come un segreto di Stato. A tal punto che per il secondo anno di fila la Guardia costiera italiana non ha elaborato il tradizionale report sulle attività di ricerca e soccorso in mare. Uno strumento che in passato consentiva all’opinione pubblica di conoscere i dettagli operativi delle missioni di soccorso. Rispondendo a una richiesta di “Altreconomia” dal comando hanno confermato la “non disponibilità del “Rapporto sulle attività Sar nel Mediterraneo Centrale anno 2019” poiché lo stesso, per l’anno d’interesse, non è stato elaborato”.
I numeri degli interventi, del resto, sarebbero risibili a confronto di quanto avvenuto negli anni precedenti. Da molti mesi le navi ammiraglie come la Diciotti e la Gregoretti non effettuano un solo salvataggio, e sono costrette a navigare sotto costa in attesa di poter tornare un giorno al largo, mentre le motovedette raramente vengono autorizzate a uscire dalle 12 miglia delle acque territoriali.