Il caso. Chi spiava l'auto di Giambruno? Mantovano: «Estranei ai servizi»
Sarebbe solo una coppia di ladri quella che ha messo in fibrillazione i servizi segreti aprendo un nuovo capitolo nella storia, già ricca di puntate, fra la presidente del Consiglio e il suo ex, Andrea Giambruno. Resta tuttavia un alone di mistero attorno ai fatti accaduti nella notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre 2023. Giorgia Meloni è in missione a Dubai. Fuori dalla sua villetta del Torrino, a Roma, c’è però l’auto (una Porsche) del giornalista di Mediaset, attorno alla quale due uomini armeggiano in modo sospetto tenendo in mano una torcia. Secondo la ricostruzione del quotidiano Domani, l’atteggiamento desta l’attenzione degli agenti di scorta che sorvegliano l’abitazione. I poliziotti chiedono ai due di identificarsi, loro rispondono di essere colleghi (forse mostrando un tesserino), poi tornano a bordo della loro auto e vanno via.
Gli uomini della scorta della premier stilano un rapporto che finisce alla Digos. Quindi - sempre secondo il Domani – vengono avvertiti il capo della Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, e la stessa premier. Così come la Procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna (di cui peraltro il capo dell’esecutivo, stando a ricostruzioni giornalistiche, avrebbe chiesto l’allontanamento). I due sono trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito, però, le indagini dell’Aisi scagionano i due “007” che quella notte - e lo testimonierebbero le celle telefoniche - si trovavano altrove. Ha preso quota così la pista dei banali ladri, forse alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno.
Il fatto, ancora secondo il quotidiano diretto da Emiliano Fittipaldi, avrebbe però influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei “papabili”, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. In ogni caso Mantovano domenica ha smentito che le persone interessate facciano parte dei servizi, dopo aver «puntualmente riferito - ha fatto sapere in una nota nella mia audizione al Copasir il 4 aprile. Non ho difficoltà a ribadire – ha aggiunto il sottosegretario – che gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere che la sicurezza del presidente Meloni sia mai stata posta a rischio».
Resta da capire, allora, come mai le prime indagini (forse quelle svolte dalla procura) abbiano portato ad associare i due sospetti ai servizi. Ma anche come sia stato possibile che gli agenti di turno fuori dalla villa della premier si siano accontentati di una sommaria identificazione data a voce. E per finire: possibile che due ladri siano così sprovveduti da valutare un furto in presenza di una pattuglia della Polizia nelle vicinanze. Certo è che la vicenda conserva diversi punti oscuri. Non a caso Matteo Renzi, a sua volta “vittima” di uno scoop giornalistico che coinvolse l’allora agente segreto Marco Mancini (durante un incontro in un autogrill), non sembra avere dubbi: «Stai a vedere che anche stavolta metteranno il segreto di Stato. Questa cosa è incivile. Indegna di un grande Paese democratico. È sorprendente che ci sia un accordo tra le redazioni per parlarne il meno possibile, come in molte vicende analoghe. Avete notato che la vicenda Striano è sparita dai media? Domandatevi perché... ».