Attualità

La ricorrenza. 24 febbraio 1945: i 44 eroi di Unterlüss sfidano i nazisti

Vincenzo Grienti mercoledì 24 febbraio 2021

Un gruppo di Internati militari italiani (Imi) in un campo di prigionia

Il tenente Michele Montagano era un giovane ufficiale del Regio Esercito che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si rifiutò, così come altri 650mila militari italiani, di collaborare con nazionalsocialisti e fascisti. Per questo venne fatto prigioniero nei lager tedeschi. Patì la fame, le angherie, i soprusi, ma è sopravvissuto e per tutti questi anni ha potuto raccontare la sua storia e quella degli IMI, gli internati militari italiani, che non aderirono alla Repubblica sociale italiana e per questo furono impiegati coattivamente in lavori pesanti nei campi di concentramento tedeschi e polacchi.

“In mille occasioni ho raccontato la mia storia che rimane ancora viva nella mia vita, così come su migliaia di altri miei compagni che, come me, hanno condiviso un destino dietro il filo spinato, sottoposti a violenze e umiliazioni e affrontando momenti difficili e molto duri per aver detto NO alla collaborazione con il nazifascismo - racconta Montagano, che oggi è Presidente anziano dell’Anrp -. Ogni volta che rendo la mia testimonianza, ci tengo a sottolineare che, pur essendo difficile perdonare, sono riuscito a passare attraverso il tragico mondo concentrazionario senza odiare nessuno, neppure i nazisti, anche se loro, per quasi venti lunghi mesi, hanno cancellato dal consorzio umano il nome del tenente Michele Montagano, sostituendolo con il numero 27539 come IMI e con il numero 370 come politico KZ”.

I tedeschi, infatti, non considerarono i soldati italiani catturati dopo l’8 settembre 1943 quali prigionieri di guerra, ma, con disposizione unilaterale, voluta da Hitler e accettata da Mussolini, a capo del governo della Repubblica sociale italiana appena costituita, li classificarono come “internati militari”, categoria ignorata dalla Convenzione di Ginevra.

Vennero così privati quasi del tutto dell’aiuto della Croce Rossa Internazionale. In questo contesto gli IMI furono condotti in diverse zone del Reich: in Germania, Austria, Polonia e Cecoslovacchia. I lager erano contrassegnati da un numero romano che indicava la circoscrizione militare e da una lettera dell’alfabeto che ne stabiliva il numero progressivo all’interno di ciascun distretto. I militari di truppa e i sottufficiali vennero rinchiusi negli Stammlager (detti Stalag), per essere adibiti al lavoro coatto nelle miniere, nelle fabbriche e nelle campagne sopperendo all’esigenza di mano d’opera dell’economia tedesca. Chi si rifiutava di lavorare era destinato ai campi di punizione (Straflager), spesso dipendenti dai campi di sterminio dove le possibilità di sopravvivenza erano minime.

Michele Montagano - Foto Vincenzo Grienti

I circa 30.000 ufficiali del Regio Esercito vennero collocati negli Offizierlager (detti Oflag) o in blocchi separati degli Stalag, dove non erano obbligati a lavorare, ma furono sottoposti a continue pressioni per convincerli a ritornare con gli ex alleati. La maggior parte di loro, nonostante le crescenti e drammatiche difficoltà in cui si trovarono, non si piegò. Arrivati nei lager, ciò che attendeva gli IMI erano il bagno, la disinfestazione, le vaccinazioni e la schedatura. Veniva quindi assegnato a ciascuno un numero al quale dovevano imparare a rispondere in tedesco negli interminabili appelli quotidiani. La loro dimora, di norma, erano delle baracche in legno e mattoni, costruite dai prigionieri rastrellati in Europa dopo l’invasione della Polonia nel 1939.

Tra le testimonianze delle loro condizioni di vita c’è una serie di fotografie, circa 400, scattate dall’ufficiale Vittorio Vialli, internato nei campi di Luckenwalde, Benjaminowo, Sandbostel e Fallingbostel, il quale, con l’aiuto dei compagni, riuscì a nascondere una piccola Leica sequestrata, poi sostituita alla Zeiss Super Ikonta. Oggi è possibile ripercorrere questa storia attraverso la visita virtuale al “Museo vite di IMI”.

Il momento più drammatico della storia degli IMI resta comunque l’atto di trasformazione degli Internati militari italiani in “lavoratori civili” avvenuta nell’agosto del 1944, a seguito di un accordo siglato tra Hitler e Mussolini il 20 luglio. Questo passaggio in realtà non migliorò molto le loro condizioni di vita, ma ne rese più efficiente lo sfruttamento in un momento in cui i tedeschi avevano una crescente necessità di mano d’opera coatta.

A partire dal dicembre 1944 la coercizione lavorativa riguardò anche gli ufficiali, tranne i generali, i cappellani, i medici, i malati e gli ultrasessantenni, violando qualsiasi norma di diritto internazionale. Eppure, uomini come Michele Montagano si rifiutarono. Il caso forse più emblematico è proprio quello che avvenne nel lager di Wietzendorf, rimasto nella storia come il giorno dei “44 eroi di Unterlüss” fu quando 214 ufficiali si rifiutarono di lavorare, rimasero nelle baracche e per alcuni giorni non si presentarono agli appelli quotidiani. Le SS, sopraggiunte sul posto, ne richiamarono 21 fuori dai ranghi per avviarli alla fucilazione. allora che 35 volontari si offrirono per sostituire i condannati, ma 9 non vollero approfittare di tanta generosità.

In 44, dopo la commutazione della pena in carcere, furono avviati nello Strafflager di Unterlüss, in Germania, campo di lavoro e sterminio dove le possibilità di sopravvivenza erano minime. Tra quei coraggiosi ufficiali, che con il loro gesto si erano voluti richiamare ai valori del Risorgimento, sentendosi emuli dei “martiri del Belfiore”, vi era Michele Montagano, che vide morire alcuni dei suoi compagni e che, come lui stesso ricorda, si salvò solo grazie al repentino arrivo degli Alleati.

“La formazione e la scuola sono al centro dell’impegno sociale di un’associazione che, come l’Anrp, è impegnata sul fronte del recupero della storia e della memoria - dice Enzo Orlanducci, Presidente dell’Associazione nazionale reduci dalla prigionia, dall’internamento, dalla guerra di liberazione e loro familiari -. In un momento così critico del nostro Paese, immerso nelle problematiche legate al Covid 19 e alle pesanti ripercussioni sul tessuto economico e sociale, in particolare della scuola, è sempre più importante attivare iniziative solidali, atte a trovare pronte soluzioni e a soddisfare in modo costruttivo urgenze contingenti. E’ vero che siamo da sempre in campo per recuperare e preservare la memoria degli Internati militari italiani, ma per noi date come quella che ricordano i 44 eroi di Unterlüss sono significative. Oggi ad esempio abbiamo donato all’Istituto Comprensivo Simonetta Salacone, al plesso Carlo Pisacane di via Acqua Bullicante di Tor Pignattara, a Roma, sei computer, compresi di tastiere e mouse, per essere messi a disposizione della scuola e della didattica. Avevamo appreso – spiega Orlanducci - la notizia dell’ennesimo furto con scasso subito dall’Istituto, che ha visto tra il 7 e l’8 febbraio saccheggiato di tutti i computer il laboratorio di informatica, si è subito attivata per far sì che gli studenti potessero continuare a seguire al meglio le lezioni online. L’accesso all’informatica oggi è più che mai importante per la formazione a distanza e l’educazione digitale e per questo siamo particolarmente orgogliosi – aggiunge Orlanducci - di aver potuto dare il nostro contributo in questo momento difficile della scuola. Se poi gli studenti hanno tempo e voglia di andare su YouTube e scorrere la visita virtuale al Museo Vite di IMI ben venga”.

Esperienze come quella di un veterano come Michele Montagano sono da ricordare: “I nostri reduci dalla prigionia ci hanno infatti insegnato a vivere ogni epoca non come tempo di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca, lo studio, lo sviluppo dei temi del dialogo e della pace tra le persone e i popoli. Occorre ripartire dalla Scuola e dall’educazione – conclude Orlanducci –. Per tale ragione ci siamo subito mossi a favore dell’Istituto comprensivo Simonetta Salacone”.

Tra i libri che raccontano storie come quella di Michele Montagano c’è Gli eroi di Unterlüss: La storia dei 44 ufficiali IMI che sfidarono i nazisti (Mursia, 2019) di Andrea Parodi che ripercorre questo episodio poco conosciuto in cui furono coinvolti i soldati italiani dopo l’8 settembre 1943.