Torna a salire la tensione tra Pdl e Pd sul tema della giustizia. A fare da ennesima miccia di uno scontro mai sopito è stata ieri un’intervista del segretario del Pd Guglielmo Epifani - dal titolo «Niente sconti a Berlusconi» - che dice di non vedere «altra possibilità che prendere atto della sentenza e degli effetti che produce». E per chi non avesse capito, spiega: «Gira un video di Berlusconi giovane che dice che, quando uno fosse condannato per evasione fiscale, deve fare un passo indietro». Ergo, il Cavaliere lasci, perché «il principio di legalità in uno stato democratico viene prima di qualsiasi valutazione politica». Fa gioco anche sulla tenuta del governo di larghe intese.Subito arrivano accuse di «irresponsabilità» da parte del partito del Cavaliere, che intesta ad Epifani la volontà di far cadere il governo. Ai suoi però il leader predica la calma e chiede di non accettare provocazioni. Dall’altro campo, quello del partito dell’ex segretario della Cgil, fioccano le difese di senso contrario, nelle quali la parola d’ordine è «ha detto cose ovvie, la legalità viene prima di tutto». Ma ancor più delle parole contano i fatti. E il tema della giustizia, dopo la sentenza Mediaset, è un susseguirsi di vicende contrastate. Una su tutte quella del giudice Antonio Esposito e dell’intervista concessa al "Mattino" in cui avrebbe detto che «Berlusconi sapeva». Ieri il Csm ha aperto un fascicolo su richiesta dei membri laici del Pdl. È stato il vice segretario generale su disposizione del vice presidente Michele Vietti e sentito il comitato di presidenza, a disporre «in via d’urgenza» - spiega una nota di Palazzo dei Marescialli - la trasmissione della pratica alla Prima Commissione, competente sui trasferimenti d’ufficio per incompatibilità. La toga, comunque, non demorde e ribadisce la «manipolazione» del contenuto dell’intervista, in particolare denunciando l’inserimento successivo della domanda sui motivi della condanna.Tra i fatti, c’è da registrare che il Pdl, dopo gli annunci delle scorse settimane, ha messo in moto la propria macchina organizzativa per la raccolta delle firme per i referendum indetti dai Radicali italiani sulla giustizia. Lo ha detto il coordinatore Denis Verdini, che ha collegato l’iniziativa all’«ingiusta e arbitraria» condanna del suo leader. Essa «conferma clamorosamente – ha affermato il senatore Pdl – quello che stiamo denunciando da anni: la politicizzazione di una parte della magistratura, ma anche l’esistenza in Italia di un’emergenza giustizia che mette in pericolo la rappresentanza democratica, la sicurezza, la privacy e i diritti di libertà di ogni cittadino».Dall’altro versante, il Movimento 5 Stelle accelera e chiede il procedimento d’urgenza per la sua proposta di legge sulla incandidabilità, dal titolo "Parlamento pulito". L’esame del testo comincerà domani nell’aula del Senato. Il ddl, spiega l’ex capogruppo Vito Crimi, «prevede l’incandidabilità per i condannati e i casi di revoca e decadenza del mandato in caso di condanna definitiva per i reati non colposi e per pene superiori ai 10 mesi, il limite dei due mandati parlamentari e l’elezione diretta del candidato da parte dei cittadini». Crimi sottolinea che la procedura d’urgenza è stata chiesta perché si tratta di un ddl di iniziativa popolare che attende dal 2007. «Sei anni in cui 350mila cittadini sono stati ignorati e la legge popolare nascosta nei cassetti dai partiti dei condannati».La mossa dei "grillini" arriva nel giorno in cui è convocata a sera (alle 20) la Giunta per le elezioni del Senato per chiudere la discussione generale sulla questione dell’ineleggibilità di Berlusconi dopo la condanna. Due ore di riunione che hanno dato un esito ampiamente annunciato: Berlusconi ha diritto a venti giorni di tempo per formulare la sua difesa, solo allora il relatore Augello potrà fare il suo intervento in Giunta. Dunque, la riunione di ieri è stata solo istruttoria e l’organismo tornerà a riunirsi alla riapertura di Palazzo Madama, il 9 settembre. Quel giorno nemmeno si voterà, perché inizierà una procedura di garanzia che prevede, in teoria, anche l’audizione del Cavaliere. Tra deduzioni e controdeduzioni delle parti, è facile immaginare lo slittamento del voto finale a fine mese. Poi, su richiesta di almeno 20 senatori, potrà pronunciarsi anche l’Aula a voto segreto. Il tentativo del Pdl è quello di dimostrare che la legge Severino non è retroattiva ed è poco chiara sulle pene indultate. «La Giunta si è espressa in modo unanime per dare immediato avvio alla procedura di incandidabilità», ha detto il presidente Dario Stefano di Sel.