Attualità

La riforma. Giustizia, crepe nella maggioranza

Arturo Celletti giovedì 28 agosto 2014
​Gli occhi di Matteo Renzi sono fissi su un flash d’agenzia: Giustizia, differenze nella maggioranza. Sono le 16 e 41. Il premier riflette in silenzio su quelle quattro parole. Sono attimi. Subito sente il ministro Orlando. Vuole capire come sono andati davvero gli incontri con i partiti di maggioranza che sono saliti a via Arenula, la roccaforte del ministero della Giustizia. E come presentarsi al Consiglio dei ministri fissato per venerdì. Renzi capisce che la strada che porta alla riforma rischia di complicarsi, ma vuole tenere duro. «C’è un impianto che non va snaturato; ma il punto centrale era, è, e sarà, la giustizia civile. È su quella che verremo giudicati, è quella che sta a cuore alla gente...», confida lontano dai taccuini. Una pausa leggera. Poi un messaggio polemico. «Lasciateli commentare bozze e indiscrezioni che non esistono. È il solito giochino per provare a fermare il cambiamento, ma stavolta gli va male».Non sono ore facili. Forza Italia alza la voce e denuncia il rischio tranello. Alfano confida di non apprezzare per niente l’impianto della riforma. Ma il tandem premier-Guardasigilli va avanti puntando con decisione sulla «vera priorità», la giustizia civile dove alla fine sono tutti d’accordo. E provando così ad allontanare i riflettori da tensioni peraltro annunciate. Alle 19 Renzi esce allo scoperto e con due tweet dà il via all’operazione politico-mediatica. «Vogliamo dimezzare entro #millegiorni l’arretrato del civile e garantire sentenze in primo grado in un anno, anziché in tre come oggi». È una prima notizia. Il premier dodici minuti dopo "regala" un altro tweet: «Oggi la giustizia si ferma dal 1° agosto al 15 settembre. Noi proponiamo il dimezzamento della chiusura estiva dei tribunali: solo 20 giorni». I siti subito si aggiornano. E intanto arriva anche dal Guardasigilli la conferma che la prima vera sfida è proprio la giustizia civile. «L’inefficienza del sistema giudiziario italiano sta nuocendo all’economia», dice Orlando in un’intervista al Wall Street Journal. E spiega: le misure che saranno presentate in Consiglio dei ministri domani «avranno un alto impatto economico e puntano a stimolare gli investimenti esteri». È la linea. Renzi, batte un altro colpo. Sempre nei "faccia a faccia" più privati. «Solo con la riduzione dell’arretrato nei processi civili, possiamo recuperare almeno un punto di Pil». Sono sedici miliardi, la manovra di ottobre. A tarda sera poco è cambiato. Orlando ammette che molto non va, ma insiste sul fatto che si va avanti «Sono emerse delle differenze di approccio, in ordine anche alle priorità da individuare e delle quali riferirò puntualmente in Consiglio dei ministri mantenendo l’obiettivo che ci eravamo dati di portare in quella sede tutto il lavoro che è stato elaborato», spiega il ministro. Si aspetta a ore un "faccia a faccia" Renzi-Orlando. Tocca a loro sciogliere i nodi. Trovare una soluzione per i troppi punti che ancora dividono. In Consiglio dei ministri la discussione sarà vera e l’esito del confronto non è affatto scontato. Si troverà un’intesa sulla responsabilità civile delle toghe che dovrebbe essere indiretta e consentire una rivalsa sul magistrato fino al 50 per cento dello stipendio? E su prescrizione e intercettazioni come andrà a finire? Orlando torna sul vertice di maggioranza: «Non c’è stato scontro, ma un clima di confronto costruttivo. Su prescrizione e intercettazioni ci sono opinioni e approcci diversi, non guerre». Sarà, ma le distanze con Ncd sono nette. E anche Fi non pare apprezzare le mosse del ministro Orlando. È però ancora una volta Berlusconi a frenare i suoi. A spiegare al gruppo e ai collaboratori più ascoltati (nelle ultime ore il Cavaliere ne ha parlato a lungo con Denis Verdini e con Gianni Letta) che «la riforma della giustizia è un passaggio vitale e che è giusto attendere il testo definitivo». È chiara la linea dell’ex premier: «Aspettiamo il governo alla prova dei fatti». Certo, a dominare sono le perplessità. Perplessità che non sarebbero diminuite dopo l’incontro tra gli "esperti" di Fi, Giacomo Caliendo e Gianfranco Chiarelli, e il Guardasigilli. Perplessità che scuotono anche Ncd. Il viceministro Enrico Costa non nasconde dubbi sulle scelte e sul percorso: serve un di più di approfondimento. E anche l’entourage di Alfano denuncia: non abbiamo ancora visto un testo. Il Nuovo Centrodestra insomma non si piega al passo da maratoneta di Renzi e frena sui nodi più spinosi, reiterando quelle differenziazioni con il Pd che neppure l’incontro con Orlando è riuscito a sciogliere. Le divergenze saranno sul tavolo del vertice di Ncd convocato per oggi e nel quale dirà la sua anche Alfano. Perché – spiega ancora Costa – su «prescrizione e intercettazioni si vanno a toccare i diritti dei cittadini e serve maggiore tranquillità e cautela». Insomma al Cdm della verità mancano cinquanta ore e i nodi da sciogliere restano tanti.