Disagio. Giovanissimi con in tasca il coltellino, al Nord è allarme baby-criminalità
Controlli dei carabinieri
Fino a pochi anni fa negli ambienti ultras girava uno slogan, che era una sorta di distintivo d’onore nel codice delle curve: basta lame, basta infami. Un modo ruvido per lanciare il messaggio al “nemico”: affrontiamoci pure, però a mani nude. Oggi è il contrario: chi gira senza almeno un coltello in tasca, nella giungla urbana, non è nessuno. Le “lame” spuntano sempre e ovunque, anche in scontri tra piccole bande di quartiere. Nemmeno la stretta del decreto Caivano, che prevede pene più dure per chi porta armi (fino a 4 anni di reclusione), è servito a molto: i giovanissimi – ma anche gli adulti - usano il coltello con la stessa disinvoltura con cui maneggiano lo smartphone. Gli ultimi casi di cronaca nera lo testimoniano: il delitto di Sharon Verzeni a Terno d’Isola, vicino a Bergamo, gli omicidi del 16enne Fallou Sall e del 26enne Mamadou Sangare, a Bologna. Tutti delitti commessi con l’arma più facile da reperire che ci sia.
L’ultimo caso è emerso martedì: un 16enne di origini marocchine per un mese ha seminato terrore per le vie di Brescia. Coltello alla mano, ha rapinato e ferito un uomo, per poco non ne ha ucciso un altro e ha anche violentato una donna. Arrivato in Italia non accompagnato, casa sua è diventata la strada dopo che era fuggito da una comunità. «Cresciuto a pane e violenza » dicono gli inquirenti. Ora si trova al Beccaria di Milano con l’accusa di tentato omicidio, rapina aggravata, violenza sessuale e lesioni aggravate. A Pescara, settimana scorsa, un 18enne ha sferrato alcuni fendenti a un 15enne dopo una lite per una ragazza: è stato fermato per tentato omicidio. Proprio a Bologna, uno dei fronti più caldi, due giorni fa i carabinieri hanno dato un giro di vite: sei i denunciati fra i 20 e i 25 anni perché sorpresi con un’arma bianca in tasca. Stupisce l’arroganza con cui ormai qualche bullo di periferia affronta le forze dell’ordine, quasi irridendole: « Il coltello? Ci taglio la frutta…» ha risposto uno al militare che gli chiedeva conto dell’arma. Il problema riguarda l’intera Europa: a parte gli assalti di improvvisati jihadisti, le coltellate fioccano in troppe situazioni. In Germania (+15% dei reati di questo tipo in un anno) si ipotizzano zone “coltello free”, in Gran Bretagna stanno pensando di collocare dei “kit di primo soccorso” per ferite da taglio nelle strade più a rischio. Dal 2011 a oggi, secondo la campagna KnifeSavers, le morti da accoltellamento sono aumentate del 36%. E le vittime, in 1 caso su 4, sono giovani uomini fra i 18 e i 24 anni. Ma è emergenza persino in Svizzera, dove nel 2023 ci sono stati 12 omicidi commessi da minori con coltelli. Anche in Italia la situazione sta rapidamente peggiorando: il report sulla “Criminalità minorile e gang giovanili” del Dipartimento pubblica sicurezza e Direzione centrale della polizia criminale ha evidenziato un aumento del 2% delle lesioni dolose (la principale “spia” dell’uso di coltelli) provocate da under 17 fra il 2022 e il 2023.
L’allarme riguarda soprattutto il centro Nord. Perché se al Sud in fenomeno sembra in calo sensibile (-27% a Messina, -20% a Palermo, -35% a Napoli, -19% a Roma), a Milano si registra un incremento di lesioni provocate da under 18 pari addirittura al 48%. Stesso preoccupante trend a Bologna, che tocca un + 44%. Firenze marca un + 21%, mentre il picco si raggiunge a Genova con un +55%. A una prima e superficiale lettura, questi dati si accompagnano in molti casi all’aumento dei reati commessi da minori stranieri (superiori a quelli dei coetanei italiani), che negli ultimi anni sono affluiti in modo massiccio in alcune città del Nord, spesso dopo essere arrivati in Italia non accompagnati. Il caso limite riguarda proprio Genova, dove il 71% dei minori arrestati, secondo le cifre fornite dalla polizia, è di origine straniera. Al Sud invece, dove i reati commessi dagli italiani restano maggiori, l’uso del coltello sembra un po’ ridimensionarsi. Anche se l’uscire di casa con una lama in tasca, in certi contesti, è una sorta di rito di passaggio all’età adulta. «Ce l’ho perché ce l’hanno tutti» si sentono dire gli educatori da ragazzini cresciuti troppo bruscamente. Ma i dati relativi al Nord, a prescindere dalla nazionalità dei giovani aggressori, sono preoccupanti, perché rivelano uno scenario che va deteriorandosi. Sono pur sempre statistiche, ma non vanno sottovalutate. Perché certificano come la repressione, da sola, non basti. Occorre mettere in campo efficaci strategie di prevenzione, soprattutto in certe periferie desolate dove mancano lavoro e spazi sociali. E dove l’unico orizzonte rischia di essere quello della violenza.