Napoli. Mafia, la memoria delle 1.055 vittime. Don Ciotti: verità per le loro famiglie
La manifestazione di Napoli contro le mafie
Alla testa del corteo ci sono i familiari delle vittime innocenti delle mafie. Dietro di loro c’è il fiume composto dalle migliaia di studenti che oggi ha inondato le strade del centro di Napoli, in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa da Libera e Avviso Pubblico. Il corteo è spaccato in due da una gigantesca bandiera arcobaleno. Tante altre bandiere della pace sventolano nelle mani degli studenti. Un altoparlante scandisce i nomi delle 1.055 persone ammazzate innocentemente dalle organizzazioni criminali italiane.
Lo stesso copione si ripete nel frattempo nelle altre principali città italiane e a Parigi (davanti alla torre Eiffel), Marsiglia, Strasburgo (davanti alla sede della Corte europea dei diritti dell’uomo), Berlino, Monaco di Baviera, Colonia, Lipsia, Madrid, La Valletta.
Nel corteo c’è anche l’arcivescovo di Napoli, Mimmo Battaglia, che il giorno precedente ha partecipato alla veglia ecumenica comunitaria per le vittime innocenti delle mafie nella basilica di Santa Chiara. Ci sono anche don Maurizio Patriciello, parroco al Parco Verde di Caivano, e Biagio Chiariello, comandante della Polizia municipale di Arzano, entrambi minacciati recentemente dai clan dell’area nord della provincia di Napoli per il loro impegno contro la camorra. Il corteo raggiunge piazza del Plebiscito. Anche qui viene scandito, su un palco, il nome delle 1.055 vittime innocenti delle mafie.
Don Ciotti alla manifestazione di Napoli contro le mafie - Fotogramma
«Memoria è impegno – dichiara nel messaggio fatto pervenire per l’occasione, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella –. Onorare chi ha pagato con la vita il diritto alla dignità di essere uomini, opponendosi alla disumanità delle mafie, alla violenza, alla sopraffazione contro la propria famiglia, la comunità in cui si vive. Memoria è richiamo contro l’indifferenza, per segnalare che la paura si sconfigge con l’affermazione della legalità. Desidero esprimere – aggiunge il capo dello Stato – la mia vicinanza a quanti si ritroveranno nella manifestazione nazionale a Napoli e nelle altre piazze italiane per ripetere gesti insieme semplici ed esemplari».
Il presidente della Camera, Roberto Fico, si unisce al corteo all’altezza di piazza Municipio. Con lui ci sono il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, e il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte (che nel pomeriggio ha fatto visita al Parco Verde di Caivano). «Sono presenti tanti ragazzi e tante ragazze, e questo è un segnale fondamentale – afferma il presidente della Camera –. La mafia, la criminalità organizzata, le camorre, dobbiamo metterle al centro sempre dell’agenda politica fin quando questo fenomeno non sarà sconfitto. E dobbiamo investire soprattutto sui giovani. La presenza di tante persone che si sono impegnate per organizzare questa giornata, che non finisce oggi, ma in qualche modo dura 365 giorni l’anno, denota che ci sono tante persone che lavorano per la giustizia, per la legalità e per il benessere sociale».
La manifestazione di Napoli contro le mafie - Fotogramma
«È una giornata bellissima – dice il sindaco Manfredi –. Napoli ha risposto con i suoi giovani e con tutta la città. Quando don Luigi Ciotti mi ha chiesto di fare questa giornata qui, sono stato contento in quanto Napoli, la sua provincia e la regione hanno sofferto tantissimo la pressione camorristica».
È proprio il presidente di Libera, don Ciotti, a chiudere la manifestazione dal palco di piazza Plebiscito, dedicando una parte del suo intervento anche alla guerra in Ucraina. «È giusto e doveroso – dichiara – essere vicini al popolo ucraino in questo momento. Ma ci sono altre 33 guerre nel mondo, delle quali non parliamo perché non toccano i nostri interessi!».
Il fondatore di Libera tuona anche contro l’aumento della spesa militare deciso recentemente dal Parlamento: «È immorale: un bagno di sangue economico dovuto all’incapacità di dire basta ai bagni di sangue umani». Infine don Ciotti ricorda che «l’80% dei familiari delle vittime di mafie non conosce la verità sulla morte dei propri cari. Queste persone chiedono verità. Alle persone che sanno diciamo: "Date un segnale"».
Presenti anche i familiari delle vittime di stragi, del terrorismo e del dovere
Prima in testa al corteo partito da piazza Garibaldi, poi nelle prime file davanti al palco allestito in piazza del Plebiscito. Tutti con un segno evidente – una maglietta, un cartello – che ricordi il loro caro. Sono loro, genitori, padri, madri, figli, i protagonisti della Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti delle mafie. Alcuni hanno fatto centinaia di chilometri per essere presenti a Napoli.
Ci sono i familiari di alcuni fra gli agenti della scorta del giudice Paolo Borsellino, morti nella strage di via D’Amelio, a Palermo, nel luglio del 1992. Indossano una maglietta con le foto dei cinque agenti che morirono nell’attentato al magistrato. Accanto a loro c’è il giornalista Mario Calabresi. Suo padre Luigi (commissario di polizia, ammazzato da esponenti di Lotta Continua) non è morto per mano mafiosa, ma il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, ha voluto che nella Giornata dedicata alle vittime innocenti delle mafie fossero ricordate anche quelle delle stragi, del terrorismo e del dovere.
Poco più dietro c’è Alessandra Clemente, consigliere comunale a Napoli. Sua madre, Silvia Ruotolo, fu ammazzata l’11 giugno 1997 mentre tornava a casa con suo figlio Francesco. Un commando sparò all’impazzata in strada, in pieno giorno. Il suo obiettivo era il camorrista Salvatore Raimondi. Furono esplosi quaranta proiettili che, oltre a uccidere Raimondi, raggiunsero la donna alla tempia. Morì sul colpo, davanti al figlio che teneva per mano e ad Alessandra, che la vedeva arrivare dal balcone di casa. «La presenza di noi familiari deve essere un pugno nello stomaco, per chi delinque e non solo – ha detto –. Siamo un comunità fatta di persone perbene».
In piazza del Plebiscito, nel capoluogo partenopeo, ci sono anche i familiari delle vittime innocenti delle faide di camorra che negli anni recenti hanno insanguinato il quartiere napoletano di Scampia. In fondo c’è il padre di Antonio Landieri, morto a 25 anni. Antonio, disabile, fu vittima di un agguato assieme a cinque suoi amici. I killer ritenevano che fossero degli spacciatori rivali. I suoi compagni furono tutti feriti alle gambe. Antonio, a causa delle difficoltà motorie dovute alla sua disabilità, fu l’unico a non riuscire a scappare. Per tale ragione fu raggiunto dai sicari. In un primo momento venne ritenuto un criminale dagli inquirenti e dai media. Per le stesse ragioni gli furono negati i funerali pubblici. Ora è ritenuto a tutti gli effetti una vittima innocente della camorra. A lui è intitolato lo stadio di Scampia.
C’è poi il padre di Lino Romano, ucciso a 30 anni a Cardito, nel Napoletano, sotto casa della fidanzata. L’obiettivo dei killer era un’altra persona, che in quel momento si trovava nello stesso palazzo. Erano in attesa di un segnale. L’uomo che dovevano ammazzare era infatti stato attirato con l’inganno in casa di un’altra persona, che avrebbe dovuto mandare un sms ai sicari al momento opportuno. A quel punto il commando sarebbe entrato in azione. Quel messaggio non era ancora arrivato, quando si aprì il portone. Non era però la persona che cercavano, bensì Lino Romano. Appena questi entrò nella sua auto, partirono 14 colpi che troncarono la sua giovane vita.