Attualità

REPORTAGE. Giampilieri paese fantasma «Noi, prigionieri del fango»

Dal nostro inviato a Messina Nello Scavo mercoledì 7 ottobre 2009
«I niuri, che fine hanno fatto i niuri? ». I 'neri' lavoravano in campagna e dormivano in case abbandonate e malconce. Nessuno sa quanti fossero. Nessuno li ha più visti. Non figurano tra i dispersi, perché sono clandestini. « I niuri », semplicemente, non esistono. I morti accertati sono 25 (due i cadaveri trovati ieri sera a Scaletta Zanclea) ma all’appello mancano una decina di persone. Oltre 140 i feriti, di cui 30 ancora in ospedale. Circa 700 gli sfollati. E le ricerche dei dispersi sono state al centro della riunione dell’Unità di crisi attiva presso la prefettura. È stato deciso di raccogliere tutti i dati disponibili sulla popolazione (compresi quelli nell’archivio degli ospedali e dei medici di famiglia) in modo da definire il numero esatto delle persone non rinvenute. Ai soccorritori intanto è toccato misurarsi con una nuova emergenza. Il fango in realtà è impastato di argilla. E il gran sole di ieri è come se avesse imprigionato le frazioni colpite dentro a un gigantesco ammasso di terracotta. Leonardo, il falegname, pianta la mano a colpo sicuro nel fango. «Qui dovrebbero esserci ancora i miei attrezzi». Dalla melma estrae la cassetta con gli arnesi. «Domani si ricomincia. Smetto di spalare e riprendo a lavorare». La mesta processione di chi sotto scorta rientra a casa per un quarto d’ora, si svolge in silenzio. A turno i gruppetti di sfollati vengono accompagnati nelle loro case dai vigili del fuoco. Giusto il tempo di mettere dentro ai sacchi di plastica vestiti ed oggetti cari. C’è chi ritrova le proprie cose tutte intere. E chi, un metro più in là, scoppia a piangere. «Guarda, guarda lì», fa una donna con la voce strozzata ai figli che la seguono come una chioccia lungo il vicolo. È come se un’orda di barbari assatanati fosse calata dai monti per devastare, saccheggiando vite e averi. «Il fango si buttò pure sul letto della zia Mariuzza», esclama un’altra indicando una porta abbattuta dall’alluvione. Il mobilio all’antica della camera da letto è stato sventrato e gettato sul balcone, svelando a chi vi passa accanto frammenti di vita privata: le foto dei defunti, i bei ricami ora schizzati di sporco, il Crocefisso appeso alla parete. Giampilieri Superiore sembra essere naufragata. Queste sono le case più antiche del Messinese. Quelle sopravvissute al sisma e allo tsunami del 1908. La città in riva allo Stretto è stata interamente ricostruita. Chi vuol sapere come si viveva prima di allora deve salire quassù. «Per questo – si arrabbia Franco Maugeri, l’elettricista – vorrei che si capisse che noi qui non siamo abusivi, le nostre sono case di tre e di quattro secoli. L’abusivismo semmai è nelle frazioni sul mare, dove ho visto costruire di tutto». Franco ha lasciato la moglie e la bimba di otto mesi nel villaggio turistico che ospita gli sfollati. La sua casa è in cima al vicolo Petrazzo, il punto più alto di Giampilieri. Prima di arrivarci bisogna superare edifici disastrati, cumuli di macerie, macigni larghi due metri. «Chissà come sarà ridotta la mia casa». Franco non sa cosa aspettarsi. Camminiamo alla stessa altezza dei lampioni. È come se una colata di lava si fosse abbattuta sulle stradine così strette che i dirimpettai potevano affacciarsi ai balconi e stringersi la mano. Chi è scampato alla distruzione sabato mattina parteciperà ai funerali solenni nella Cattedrale di Messina. «In questa fase non vogliamo fare polemiche, ma vorrei sapere perché non é stato deciso il lutto nazionale», domanda il sindaco Giuseppe Buzzanca. «Speriamo – ha aggiunto – che alla fine sia proclamato, altrimenti sarebbe molto grave: noi siciliani siamo forse figli di un dio minore?». A presiedere le esequie sarà Calogero La Piana, arcivescovo metropolita di Messina-Lipari-Santa Lucia Del Mela. In quel giorno sarà lutto cittadino. Buzzanca ha chiesto al Capo dello Stato di essere presente. Appello esteso anche al presidente del Senato Renato Schifani e a quello della Camera Gianfranco Fini. Giorgio Napolitano, si apprende, vorrebbe essere presente, ma la decisione definitiva verrà presa nelle prossime ore. Intanto il prefetto di Messina, Francesco Alecci, ha firmato un’ordinanza con cui si affida alla Protezione civile siciliana la gestione dell’emergenza. Il coordinamento è stato affidato al direttore, l’ingegner Salvatore Cocina. Lo stesso Bertolaso aveva preannunciato che la gestione della crisi sarebbe passata in mano alla Protezione civile siciliana. Una situazione difficile da gestire e non priva di lacune. La lotta contro il tempo non si è conclusa. Tra uomo e natura è in corso un corpo a corpo. Decine di ruspe e centinaia di volontari armati di pala lavorano non solo per ritrovare i dispersi. La vera sfida è mettere in sicurezza i torrenti e i canali di scolo prima di venerdì, quando è prevista una nuova perturbazione. Sui costoni i rocciatori tenuti al sicuro da lunghe funi provocano frane controllate, mentre gli elicotteristi fanno la spola verso le frazioni di Altolia, Itala e Molino, raggiungibili ancora solo a piedi. I velivoli scaricano medicine, acqua e generi di conforto. Franco, l’elettricista, li guarda mentre finalmente arriva a pochi passi da casa. Cammina e trema. Guarda quel che resta delle abitazioni dei vicini, e si prepara al peggio. Poco dopo risbuca fuori dal vicolo. «È tutta intera. Quasi non ci credo». Torna a valle con le buste gonfie di vestiti e giocattoli. Lungo la discesa Franco l’elettricista pensa ancora ai ' niuri'. Gli invisibili che nessuno conosceva. La sua casa non si vede più: «Chissà se un giorno ci permetteranno di tornare a Giampilieri».