Attualità

Memoria. Giampaolo, che anche nel lager nazista aprì una sezione dell'Azione Cattolica

Daniela Verlicchi domenica 26 gennaio 2020

Giampaolo Baschetti e la moglie Marcella si preparano a festeggiare i 67 anni di matrimonio

Una storia di «ordinaria felicità», la si potrebbe definire, che ha raggiunto traguardi straordinari. Cento anni lei, 100 lui (che compiranno a pochi mesi di distanza, a luglio e in ottobre) e 67 anni di matrimonio da festeggiare quest’anno, ancora insieme. Con una forza e uno spirito che nascono, anche, da una fede provata anche da due anni passati nei campi di prigionia per i militari italiani nella Germania e nella Polonia naziste.

Giampaolo Baschetti e sua moglie Marcella vivono a Faenza, provincia di Ravenna e, a stare ad ascoltarli, in realtà viene il sospetto che ogni giorno per loro sia una vera festa. «La nostra è una bella storia – spiega Giampaolo – più felice di così non poteva essere». «Ogni giorno è un regalo: ci alziamo e ringraziamo di essere ancora qui, ancora insieme, con Giovanna (la figlia, ndr) vicina».

Eppure, come in ogni vita e in ogni matrimonio, le difficoltà non sono mancate: Giampaolo, poco più che ventenne, dovette interrompere gli studi universitari di Chimica perché venne arruolato nell’esercito di leva e, con l’8 settembre, fu arrestato e spedito nei campi di prigionia per gli “Imi”, internati militari italiani, esperienza che racconta nel capitolo “Azione Cattolica nei lager” del volume “Dai fronti di guerra” di Arturo Frontali. Già perché anche nei campi nazisti, grazie alla presenza di don Mario Besnate (faentino pure lui) Baschetti diede vita, con alcuni compagni, ad una sezione della Giac, la “Gioventù italiana di Azione Cattolica”. Il cibo scarseggiava ma bisognava nutrirsi di speranza e di fede. «A volte – ricorda – si faceva la Comunione con una scheggia di ostia, ma quella bastava».

Tra le fatiche, la scarsità di cibo, i continui trasferimenti di campo in campo, l’amicizia dei compagni era l’altra fonte di sostentamento. E tra gli incontri che non può dimenticare di quegli anni c’è anche quello con Giovannino Guareschi, il papà di Don Camillo e Peppone: «Con il suo umorismo, ci teneva sempre su di morale, racconta».

Tolto il periodo della guerra, sono quasi 90 anni che Giampaolo aderisce all’Azione Cattolica e l’anno prossimo sarà il primo anno che non pagherà la sua quota (solo perché ai centenari l’associazione la regala). Una fedeltà, non solo all’Azione Cattolica evidentemente, che nasce da un senso di gratitudine e dal sentirsi profondamente amati. Troppe le coincidenze “fortunate” nella sua lunga vita, racconta: come quella di aver incontrato Marcella, nel negozio di tabacchi di famiglia, proprio il giorno in cui torna dal fronte, nel ’45, o il voto di sua zia Ines, che offrì la sua vita per la sua liberazione (e avvenne proprio nei giorni in cui lei morì) o ancora quell’ultimo trasferimento ad un altro campo di prigionia, quasi impossibile da affrontare per lui malato di pleurite, e che viene annullato dalla liberazione da parte degli Alleati.

Da lì, la vita di Giampaolo, poi condivisa con Marcella, diventa più “ordinaria”: il lavoro da professore al liceo, la famiglia, i figli (oltre a Giovanna, Francesco), le vacanze in montagna. Ma vissuta straordinariamente, si potrebbe dire, grazie a una vita di fede intensa e all’amicizia con alcuni sacerdoti, in particolare don Gino Montanari, che nel dopoguerra fu parroco della casa di riposo. La preghiera per noi? «È più che altro un colloquio; è pensare che il Signore è qui in mezzo a noi. Una cosa però gliela chiedo spesso – rivela Marcella –: che, quando vorrà, possiamo andare via insieme, anche di là».