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Il vescovo di Forlì. «Già al lavoro, come nel Friuli del '76»

Andrea Galli sabato 20 maggio 2023

Il vescovo Livio Corazza

Livio Corazza, vescovo di Forlì-Bertinoro dal 2018, prima di questa alluvione ne ha vissuto un’altra non meno impressionante: quella che a fine novembre 2002 colpì la sua Pordenone, dove è nato e cresciuto, quando prima il fiume Meduna e poi il Noncello riversarono milioni di metri cubi d’acqua e fango in città e provincia.

Eccellenza, che similitudini vede tra quel dramma e quello di oggi?

A parte il tipo di danni, la risposta immediata della gente e la grande solidarietà.

Friulani e romagnoli non sono certo cittadini passivi.

Ieri sono uscito dal Seminario dopo due giorni di isolamento, ho visto le macchine immerse nell’acqua, di traverso lungo la strada, fango dappertutto, ma soprattutto la gente che aveva già iniziato a pulire, con i sacchetti pronti per il passaggio della ditta che si occupa dello smaltimento rifiuti. Ho fatto un video mercoledì dalla mia camera, con il piazzale allagato…

Sì, è girato molto su Whatsapp.

Ecco. Ieri lo stesso cortile era pieno di ragazzi muniti di pala che si apprestavano a pulire.

Presumo che lei abbia vissuto in diretta anche il terremoto in Friuli del 1976.

Sì, nel ‘76 ero in Seminario, in Teologia, la notte stessa siamo saliti sul camion insieme ai soldati, siamo andati nei paesini a soccorrere la gente, io sono capitato in uno dove c’erano diversi morti sotto le macerie.

Come si sta muovendo la diocesi?

Si sono attivate la Caritas, Cl sta seguendo una cinquantina di famiglie, l’Azione Cattolica si è messa a disposizione delle stesse Caritas, gli scout della Protezione civile, le parrocchie si sono mobilitate… ma non sappiamo tutto di preciso, nelle vallate ci sono località rimaste isolate, per esempio alcune zone di Dovadola, il paese natale della beata Benedetta Bianchi Porro.

Ha parlato del Seminario, cosa è avvenuto lì di preciso?

Si tratta di una grande struttura dove c’è anche la casa del clero, con una quindicina di anziani con i quali vivo, l’Istituto di Scienze religiose, una scuola, c’è l’emporio della Caritas, che distribuisce viveri, e la sede del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo, nato 60 anni fa per opera di Annalena Tonelli. Martedì sera, avevamo appena finito di cenare, abbiamo visto la strada fuori trasformarsi improvvisamente in un torrente. Eravamo stati avvisati ma non pensavamo a una cosa di tali dimensioni e di tale velocità. Abbiamo fatto appena in tempo a spostare le auto, su un ingresso rialzato, ma non c’è stato tempo di fare altro. La mattina dopo si è sentito male un sacerdote, è caduto, ma ha dovuto aspettare 24 ore prima di essere ricoverato. Un’emergenza nell’emergenza. I gommoni non ce la facevano ad arrivare, la corrente era troppo forte. È arrivato l’esercito all’una di notte a prelevarlo, con imbragatura e tutto il resto. Lui era dolorante, poi hanno constatato che si era rotto il femore. Siamo stati due giorni e due notti senza luce, il cardinale Zuppi mi chiamava ma io gli rispondevo con i messaggini perché avevo paura che si scaricasse il cellulare.

Che danni avete avuto?

Lavanderia, cucine, celle frigorifere… tutte invase da acqua e fango. Abbiamo una biblioteca aperta alla consultazione al pubblico, presso l’Istituto di Scienze religiose, e quella si è salvata, ma sotto era conservata la biblioteca più antica, con un migliaio di cinquecentine già catalogate… è tutto sotto l’acqua. Abbiamo allertato la sovrintendenza e la Regione, lì bisognerà agire con estrema cautela.

Non sono mancati i morti purtroppo.

Ce ne sono stati tre in città. Vittorio Tozzi, 75 anni, era uscito di casa ma poi è rientrato per salvare i suoi coniglietti e lì è stato travolto dal fango. Il suo corpo galleggiava in strada, una scena veramente drammatica. Poi sono morti due coniugi, Franco Prati a Adriana Mazzoli.

Che pensieri le hanno ispirato le scene di questi giorni?

Ho pensato che la natura fa il suo corso, non dobbiamo stupirci che ci siano anche eventi di questa portata, dobbiamo però rispettarla, essere attenti e prudenti, per esempio nel come e dove costruiamo. Vedo la necessità di costruire comunità coese, fraterne, perché una società individualista non può rispondere adeguatamente a queste calamità. E penso che il buon Dio ci dà tante prove ma non ci lascia mai soli.