La polemica. Gesù diventa "cucù" nella canzoncina di Natale: bufera a Padova
Puntuale come ogni anno, arriva la polemica pre natalizia, con la scuola di turno che si scopre allergica alle tradizioni cattoliche, per un malinteso e maldestro senso di rispetto verso religioni e culture altrui. Nessuno si sogna di offendersi per i riti delle Feste, spesso apprezzati anche dai migranti di altre fedi, ma tant’è.
Il copione stavolta è andato in scena nella scuola elementare De Amicis di Agna, nel Padovano. Nella canzoncina natalizia Gesù è stato censurato, il suo nome è diventato un più rassicurante (non si sa bene per chi) Cucù. Immediatamente è scoppiata la rivolta dei genitori, costringendo la scuola a una precipitosa retromarcia. Ma, come sempre in questi casi, la toppa risulta peggiore del buco. La preside ha parlato di “una incomprensione”. La direttrice Caterina Rigato ha argomentato che “per errore - spiega - è stato consegnato ai piccoli non il testo definitivo del motivetto ma quello che aveva avuto delle correzioni. In sostanza per sbaglio abbiamo dato agli alunni quella che era soltanto una bozza". Insomma, un vero giallo. Nella prima stesura, a quanto pare, la parola Gesù non era stata contemplata dalle maestre: una “manina” ha provveduto a sostituirla. Poi era troppo tardi per porvi rimedio, la canzoncina era già stata imparata a memoria da tutte le classi. "Sono state però presentate altre canzoni, altri testi recitati - ha chiarito la preside, sottolineando che per l'occasione son stati allestiti nell'edificio scolastico due presepi - che contenevano invece tutti i riferimenti al significato cristiano della festa".
Allo spettacolo hanno partecipato tutti i genitori, conferma la docente, anche se più di qualcuno non aveva nascosto nelle scorse ore il proprio disappunto. "All'inizio non ci potevo credere, poi quando mia moglie mi ha fatto vedere i fogli con le frasi che inizialmente avrebbero dovuto cantare, tagliati su determinate parole, non ci ho più visto - racconta Francesco, il papà di uno dei bambini - . Non è possibile che si debba arrivare a questi livelli, tra l'altro senza che noi genitori veniamo messi al corrente delle idee delle maestre". Ieri però tutto è filato liscio, ad ascoltare le canzoncine ispirate alla nascita di Gesù c’erano anche -come volevasi dimostrare - i genitori degli alunni musulmani. "La scuola insegna a valorizzare le tradizioni culturali del nostro Paese – ha concluso la docente - così come insegna i valori dell'inclusione, dell'accoglienza, del rispetto reciproco".
Altrettanto puntuale (e scontata) è scoppiata la bufera politica. L’assessore veneto all'istruzione, Elena Donazzan, non ha gradito: "Quale errore di valutazione porta delle insegnanti a comportarsi così? Un insegnante non può fare errori così grossolani – ha infierito l'esponente di FdI -. Il Natale è certamente una festa religiosa, ma coinvolge l'intera civiltà occidentale, nei i tempi della vita e nei tempi della scuola, per i quali, non a caso, nel calendario scolastico ci sono le vacanze legate al periodo del Santo Natale".
Luca Zaia, governatore del Veneto, ha rincarato la dose, parlando di “grave errore”. Secondo Zaia, “pensare di favorire l'accoglienza cancellando i riferimenti alla nostra religione, alla nostra identità, alla cultura che da secoli e secoli caratterizza il Veneto è un gesto che non possiamo accettare. Non stiamo parlando di una preghiera, ma di una canzone. L'imposizione di una preghiera a bambini di altra fede potrebbe certamente essere subita come una forzatura. Ma questo è un testo musicale, con un profilo identitario. Incomprensibile, siamo in un Paese dove si difende giustamente qualsiasi prodotto artistico e intellettuale anche nei suoi contenuti più forti, ma in questo caso si permette di intervenire su una canzone modificandola e stravolgendola così, nel nome del 'politically correct': un'intera comunità si interroga sul perché di questa scelta". Il governatore dice di avere l'impressione "che si stia esagerando, e lo dice una persona che ha fatto della tolleranza una scelta di vita". Il senatore Udc Antonio De Poli non ha usato eufemismi, definendo la pensata «una follia che mortifica i nostri valori e le nostre tradizioni. Nessun testo natalizio offende la sensibilità di altre religioni. Anziché promuovere una cultura del rispetto, si rischia di promuovere un senso di vergogna nei confronti della nostra identità e delle nostre tradizioni».