Giustizia. L'inchiesta di Genova si allarga alla diga nel porto
L’opera in costruzione nel porto del capoluogo è tra le dieci più strategiche del Pnrr. I riflettori degli inquirenti si sono accesi anche sui finanziamenti della Regione al Salone Nautico L’inchiesta si allarga. Proprio come il giro di affari sui quali i pm della Dda trovano riscontri. Carte, ricevute, nuovi coinvolgimenti - almeno 10 persone, oltre alle 25 indicate nell’ordinanza - e soldi.
Tanti soldi. Come quelli, 200mila euro in contanti, rinvenuti dalla Guardia di finanza a casa dell'imprenditore Aldo Spinelli, indagato nell'inchiesta della procura di Genova per corruzione, assieme al governatore Giovanni Toti e, tra gli altri, all'ad (sospeso) di Iren ed ex presidente dell'Autorità di Sistema portuale del Mar Ligure Occidentale, Paolo Signorini. Il denaro è una parte dei 570 mila euro di cui la gip Paola Faggioni ha disposto il sequestro preventivo. Sequestro chiesto anche nei confronti di Signorini e del figlio di Spinelli, Roberto, perché «profitto dei reati di corruzione contestati». Intanto, sono passate le prime due notti ai domiciliari per il governatore Toti nell’appartamento che occupa in piazza Piccapietra, a Genova. Notti passate probabilmente a studiare il fascicolo che ha causato un terremoto politico-giudiziario in Liguria, e nell’attesa di vedere il proprio avvocato, Stefano Savi. «Chi ha potuto sentirlo – ha detto il presidente ad interim della Regione Liguria, Alessandro Piana – mi ha detto che il presidente è sereno e disposto a collaborare e a chiarire tutto quello che c'è da chiarire».
Savi, in un video diffuso dalla Regione, dice che il governatore sta studiando le carte e che spiegherà «forme che hanno potuto indurre equivoci ma che in realtà non hanno mai sconfinato in nulla di illecito». Il gip ha già fissato per Toti l'interrogatorio di garanzia che si terrà domani mentre il suo capo di gabinetto, Matteo Cozzani, e Spinelli verranno sentiti sabato. Oggi sarà il turno di Paolo Signorini, che si trova nel carcere di Marassi. La Procura va a caccia degli imprenditori coinvolti e nell'ordinanza si legge che tra i finanziatori di Change, la fondazione che faceva capo a Toti, e il Comitato Giovanni Toti, oltre agli imprenditori portuali ci sono anche quelli che si occupano di rifiuti e discariche. Come Pietro Colucci, imprenditore campano che nel 2021 gestiva alcune discariche, nella provincia di Savona, destinate allo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi con recupero di materiali e di energia elettrica da biogas.
È in quell'anno che la procura di Genova lo indaga, per finanziamento illecito ai partiti e per corruzione. Secondo gli investigatori, tra il 2016 e il 2020 Colucci, tramite le sue società, aveva finanziato con 195 mila euro Toti. In quello stesso periodo «le società riconducibili al gruppo Colucci – si legge nell'ordinanza – avevano avuto come interlocutore istituzionale la Regione Liguria, competente al rilascio di autorizzazioni in materia di gestione delle discariche. Tutti i finanziamenti provenienti dalle società del gruppo riconducibile a Colucci e diretti al Comitato Change e al Comitato Giovanni Toti Liguria non erano stati deliberati dai rispettivi organi sociali e, in alcuni casi, non erano neppure stati inseriti in bilancio». Nuovi coinvolgimenti, si diceva. Nella serata di ieri si apprende che è indagato pure il commissario del Porto, Paolo Piacenza. Gli si imputa l’abuso d'ufficio. Mentre spunta il sospetto che ci sia una talpa. All'ipotesi lavora la Gdf alla luce di quanto emerso dalle intercettazioni ambientali. Il 30 settembre del 2020, i fratelli Arturo e Italo Testa, iscritti a Forza Italia in Lombardia, e da martedì sospesi dal partito, vengono a Genova per incontrarsi con alcune persone della comunità di Riesi (Caltanissetta).
A quell’incontro si avvicina un uomo che «viene riconosciuto in Umberto Lo Grasso (consigliere comunale totiano) che dice a Italo Testa: “Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono”». Testa dice: «Sì, lo so, non ti preoccupare…. L’ho stutato (“spento” in dialetto, ndr)». Questa condotta, scrive il gip, «appare integrare il delitto di favoreggiamento personale, avendo il predetto fornito un aiuto a eludere le investigazioni a loro carico». Chi ha avvisato Lo Grasso? Una talpa, visto che Stefano Anzalone, totiano anche lui e indagato, è un ex poliziotto che ha agganci tra le forze dell'ordine? Oppure è millanteria di Anzalone che dopo le elezioni voleva togliersi di torno i Testa e non onorare le promesse fatte in cambio dei voti? E mentre nei faldoni dei pm sono finiti anche i finanziamenti della Regione al Salone Nautico di Genova - passati da 350mila a 780mila euro - e i 10mila euro di fornitura all’imprenditore Filippo Cozzani, fratello del braccio destro di Toti, Matteo, ecco che i riflettori degli investigatori si accendono sulla costruzione della diga foranea di Genova, il maxi progetto che servirà per permettere il transito di grandi navi finanziato dal fondo complementare del Pnrr e dalla Banca Europea, portato avanti dagli imprenditori Spinelli e con il benestare del presidente della Liguria.
Il reale progetto, di cui si discuteva nel 2021, era riconvertire il Terminal Rinfuse, in “contrasto” con il piano con cui è stata rinnovata per 30 anni la concessione agli imprenditori in cambio di una mano al Comitato Toti, “in Terminal container”. Un capitolo su cui gli inquirenti intendono fare approfondimenti e portare ad allargare l'inchiesta stralcio su un appalto marginale legato all'opera - tra le 10 più strategiche del Pnrr - affidata al pm Walter Cotugno. O che potrebbe fornire elementi utili all'indagine avviata dall'ufficio di Torino della Procura europea, trattandosi in parte di stanziamenti Ue, e alla quale sia l'Anac e magistratura genovese hanno trasmesso le carte.