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Ponte crollato. La Chiesa di Genova in aiuto a sfollati e feriti

Paolo Ferrario, inviato a Genova mercoledì 22 agosto 2018

In tanti hanno dovuto lasciare le loro case in prossimità del ponte crollato (Fotogramma)

«L’arcivescovo mi chiama 3 o 4 volte al giorno. Vuole sapere tutto, conoscere i bisogni delle famiglie e mi chiede di provvedere». Fin dai primissimi minuti dopo la tragedia del ponte Morandi, la Chiesa di Genova è stata vicina alle vittime, a chi ha perso un parente sotto le macerie e a chi non ha più una casa dove stare. E lo è ancora, conferma don Giacomo Martino, delegato del cardinale Angelo Bagnasco alla gestione degli aiuti agli sfollati.

«A 43 minuti dal il crollo avevamo messo a disposizione 120 posti per l’accoglienza», racconta il sacerdote, una lunga esperienza nella gestione delle emergenze. Già cappellano di bordo, per dieci anni è stato direttore dell’Apostolato del mare della Cei, gestendo le crisi della Costa Concordia all’isola del Giglio e del crollo della Torre piloti nel porto genovese.

«La prima immagine della tragedia del ponte Morandi – prosegue don Martino – è don Alvise Leidi, un nostro sacerdote, che benedice le salme tirate fuori dalle macerie. Poi ricordo il parroco di Certosa, don Gianandrea Grosso, che subito si è attivato per accogliere e confortare la gente terrorizzata e spaesata. Altri quattro nostri preti sono stati sempre presenti all’obitorio a disposizione dei parenti delle vittime. In quei giorni terribili hanno dispensato tanto bene, diventando segno di una presenza vera e vicina alla sofferenza della gente».

Nelle primissime ore 25 persone sono state sistemate nella parrocchia della Coronata e altre 24 in una struttura della diocesi. Lo stesso cardinale Bagnasco, ricorda don Martino, ha messo fin da subito a disposizione il seminario, se ce ne fosse stata necessità, mobilitando la curia alla ricerca di appartamenti liberi. «Anche ieri – riprende don Martino – mi ha chiamato un parrocchiano dandomi la disponibilità di un appartamento. Anziché affittarlo agli studenti, con la moglie ha deciso di metterlo a disposizione delle famiglie sfollate. E come lui, tanti altri si sono fatti avanti per aiutare in molteplici forme».

Una vicinanza reale e concreta. Come quella della Società operaia cattolica e della San Vincenzo della parrocchia San Bartolomeo alla Certosa, da dove si vedono i monconi del ponte, che hanno organizzato un guardaroba per la distribuzione di vestiti, alimenti per bambini e giocattoli. «In vista della riapertura delle scuole – conclude don Martino – ci stiamo attivando per garantire a tutti gli studenti di poter continuare a frequentare gli istituti del quartiere. Mi sembra questo il senso della presenza di una Chiesa che, senza clamore ma nei fatti, ha sempre lavorato e continua a lavorare per il bene di una comunità sconvolta da una tragedia troppo grande».